Come con l'Isis anche in Afghanistan una considerevole diaspora post-sovietica milita tra i guerriglieri afghani. Il nodo dei rapporti tra i talebani e la galassia dei movimenti jihadisti del Caucaso e dell'Asia Centrale.
Mosca (AsiaNews) - In Russia e in tutta l'area del Caucaso e dell’Asia Centrale tutti aspettano di vedere l’evoluzione del nuovo governo talebano, insediatosi a Kabul. Secondo molti, i buoni rapporti che il governo russo sta cercando di mantenere con i nuovi padroni dell’Afghanistan porteranno alla crescita del prestigio del jihad e dell’Islam radicale tra i giovani di questi Paesi. Per altri, le conseguenze degli eventi afghani non scalfiranno la solidità della Umma musulmana russo-asiatica, e gli stessi talebani potrebbero prendere le distanze dagli alleati più radicali. L’ambasciatore russo a Kabul, Dmitrij Žirnov, ha comunque assicurato in una intervista alla Rossijskaja Gazeta del 18 agosto che “con i talebani si sta già meglio dei giorni scorsi, e non si sente più neanche uno sparo”.
Il presidente del Club analitico europeo di Mosca Nikita Mendkovič, esperto di economia dell’Asia centrale e lotta al terrorismo internazionale, ha rilasciato un’intervista a Kavkaz.Realii, in cui cerca di comprendere fino a che punto arrivi il consenso che i talebani godono all’interno e al di fuori dell’Afghanistan. Sostiene: “Hanno un certo appoggio, altrimenti non avrebbero messo insieme un esercito di 100 mila persone, ma è difficile dire da che parte stia la maggioranza del popolo afghano. Molti li hanno accettati solo per sfiducia nel governo di Ashraf Ghani”.
I talebani sono membri di un movimento nazionalista con un’ideologia religiosa, usciti da scuole dove venivano preparati i quadri giovanili dei cosiddetti mujaheddin, che lottavano contro il regime comunista di Najbullah e dei suoi sponsor sovietici (che secondo i russi oggi avrebbe resistito agli attacchi dei talebani “almeno altri tre anni”). Mischiando il nazionalismo dell’etnia pashtun, l’idea di un’Afghanistan unito e l’islam radicale hanno iniziato una guerra di unificazione nazionale, condotta con rara violenza e ferocia. Il problema, secondo Mendkovič, è che “i vecchi mujaheddin avevano già rivestito importanti ruoli di governo, mentre gli attuali talebani sono un’incognita in questo senso”.
Una questione fondamentale riguarda il rapporto dei talebani con Al-Qaeda e con gli altri movimenti estremisti. In Afghanistan sono attivi vari gruppi, come Jamaat Ansarrulah, il Movimento islamico del Turkestan orientale, il Tekhrik-i-Taliban Pakistan, il Movimento islamico dell’Uzbekistan, il commando di Imam Bukhar e altri, tutti vietati nei Paesi circostanti e molto interessati a rilanciarsi nel nuovo Afghanistan talebano. Se non vorrà perdere i finanziamenti internazionali mirati ad un’economia “legale” e di pace il nuovo governo dovrà tagliare i ponti con questi movimenti.
Molte fonti russe parlano anche di un grande attivismo insieme ai talebani dei fuorusciti dal Caucaso del nord, soprattutto dalla Cecenia, quindi originari della Federazione russa. Secondo Mendkovič, “si tratta di estremisti che non hanno potuto realizzare i propri piani in patria, e hanno cercato fortuna altrove”. Il consigliere del presidente della Cecenia per gli affari religiosi, Adam Šakhirov, ha peraltro dichiarato su Instagram che “i maturidity-khanafity (i ceceni vicini ai talebani) sono dei gran bravi ragazzi”.
Si tratta di una considerevole diaspora post-sovietica, che ha militato nelle file dell’Isis, portando conoscenze ed esperienze molto superiori a quelle dei giovani militanti arabi, raggiungendo quindi ruoli dirigenziali nelle armate del terrorismo. In Siria i ceceni erano gli istruttori, come lo sono stati anche per i talebani, e ora non si sa quale ruolo svolgeranno nel nuovo scenario.
Mendkovič non crede che i talebani radicali potranno attrarre in modo significativo la comunità musulmana in Russia, “non più di quanto i mormoni dello Utah attirano le altre comunità cristiane nel mondo”. Semmai la radicalizzazione dei musulmani del Caucaso o dell’Oltrevolga può avvenire dietro la spinta dello scontento sociale, in aumento a causa delle varie dimensioni della crisi economica in Russia e nei Paesi della zona.
La Russia riconoscerà il regime afghano? Come suggerisce un altro esperto dell’Asia centrale, Arkadij Dubnov: “Per ora non può riconoscere un regime formato da un movimento proibito dalla propria legislazione, in quanto terroristico”. La questione è se riconoscere l’Afghanistan talebano in modo unilaterale, o insieme alla comunità internazionale, a seconda delle convenienze.