Erevan e Baku tornano a parlarsi al tavolo con Mosca
di Vladimir Rozanskij

Dopo mesi di interruzione ripresa l'attività diplomatica del gruppo trilaterale che cerca una soluzione al conflitto. Primo obiettivo è la riapertura delle vie di comunicazione nel Caucaso meridionale. Ma le distanze tra le posizioni restano forti.


Mosca (AsiaNews) - Dopo oltre due mesi di interruzione, è ripresa l’attività diplomatica del gruppo trilaterale di Armenia, Azerbaigian e Russia, con una riunione del 19 agosto che ha visto la presenza dei vice-premier: l’armeno Mger Grigoryan, l’azero Šakin Mustafaev e il russo Aleksej Overčuk. All’incontro sono state valutate le prospettive di ristabilimento delle vie di comunicazione nella regione del Caucaso meridionale e sono stati discussi i risultati delle trattative tra i leader dei tre Paesi, tenutesi lo scorso 11 gennaio 2021.

Le trattative sono riprese un po’ a sorpresa, viste le recenti tensioni sulle frontiere armeno-azere degli ultimi mesi. Lo stesso Grigoryan aveva annunciato lo scorso 1° giugno l’interruzione dei lavori trilaterali, proprio a causa degli scontri ai confini. La ripresa dei contatti, secondo le dichiarazioni armene, sarebbe stata possibile solo in caso di abbandono delle zone contese da parte delle forze armate dell'Azerbaigian, ritiro che non si è verificato.

Il cambio di atteggiamento da parte degli armeni è da attribuirsi alla nuova situazione creatasi dopo la rielezione del primo ministro Nikol Pašinyan, ora evidentemente meno pressato dalle opposizioni sconfitte in parlamento. Nella riunione di governo del 17 agosto, Pašinyan ha dichiarato che l’Armenia è pronta a riprendere il processo di trattative con l’Azerbaigian a tutti i livelli, e attende proposte concrete soprattutto per risolvere il problema delle comunicazioni.

Secondo Pašinyan “ci sono questioni che si possono risolvere più velocemente, e altre la cui soluzione richiede un tempo maggiore, ma la nostra intenzione dev’essere quella di trovare le soluzioni. Una delle questioni che si possono decidere più in fretta è proprio la riapertura delle comunicazioni regionali, sbloccando gli snodi attualmente più critici”.

Anche il presidente azero Ilham Aliev, dopo le dichiarazioni di Pašinyan, ha fatto sapere in un’intervista alla CNN Turk che a suo parere “purtroppo l’Armenia fino agli ultimi giorni si è opposta alla riapertura del corridoio di Zangezur [che in armeno è chiamata Siunyk], ma ora pare che ci sia un cambiamento di parere in positivo”.

Gli armeni hanno sempre dichiarato di “non aver mai accettato, e di non accettare né ora né in futuro la logica del corridoio”, ma di cercare soltanto lo sblocco delle comunicazioni della regione appartenente al territorio armeno.

Aliev ha anche chiesto alla Russia di non esportare armi in Armenia, ricevendo la piccata risposta della rappresentante del ministero degli esteri russo, Maria Zakharova: “la fornitura di armi all’estero - ha dichiarato - è un diritto sovrano del nostro Paese”, e “le dichiarazioni bellicose non aiutano la pacificazione della situazione secondo gli accordi a tre tra i leader di Russia, Azerbaigian e Armenia”.

Un aspetto particolare della contesa tra Azerbaigian e Armenia riguarda la definizione linguistica. Aliev ha preteso dai media del Paese di usare sempre e soltanto le denominazioni azere delle località, anche se formalmente situate in territorio armeno. La provincia di Vardeniss diventa Basarkečersk, il lago Sevan diventa Getka e così via, provocando la reazione simmetrica degli armeni. La guerra non riguarda soltanto le conquiste e le rivincite, ma soprattutto la superiorità storico-culturale, in terre dal passato antico e simbolico sia per l’Asia sia per l’Europa.