Cina, il biografo di Mao contro la censura di Pechino

Ci sono il segretario di Mao e l'ex capo del Dipartimento propaganda nel gruppo di 13 ex dirigenti comunisti che chiede l'autocritica del governo e la riapertura del Bingdian Weekly, chiuso il mese scorso. "La storia – scrivono - dimostra che solo un sistema totalitario ha bisogno della censura, strumento con cui si illude di poter tenere il pubblico nell'ignoranza".


Pechino (AsiaNews/Scmp) - Un gruppo di 13 ex-dirigenti del Partito Comunista cinese ha "espresso il proprio sostegno" con una lettera aperta al Bingdian Weekly, settimanale allegato al quotidiano governativo China Youth Daily - chiuso il mese scorso per aver pubblicato articoli "non approvati" - e ne ha chiesto la riapertura. Lo ha affermato ieri Li Datong, il direttore del settimanale.

Fra i firmatari vi sono: Li Rui, ex segretario e biografo del presidente Mao Zedong; Zhu Houze, ex direttore del Dipartimento propaganda e Li Pu, ex direttore dell'agenzia governativa Xinhua. La lettera è stata inviata alla dirigenza comunista, alla quale gli "anziani" chiedono un' autocritica scritta dal Dipartimento propaganda, che ha deciso la chiusura, ed una nuova legge "che garantisca la libertà di stampa e di espressione".

"La storia – scrivono - dimostra che solo un sistema totalitario ha bisogno della censura, strumento con cui si illude di poter tenere il pubblico nell'ignoranza".

I firmatari dell' appello, quasi tutti in carica nel periodo dei segretari riformisti Zhao Ziyang e Hu Yaobang, aggiungono che "privare i cittadini della libertà di espressione significa piantare i semi del disastro per la transizione politica e sociale". "Siamo tutti veterani della Rivoluzione popolare - conclude il messaggio - e anche se anziani siamo ancora ispirati dalla libertà".

Li Rui, intervistato telefonicamente, aggiunge: "Il caso del Bingdian non è il primo e non sarà l'ultimo. E' la dimostrazione di come sia assente del tutto nel Paese la libertà di stampa e di espressione".

Le autorità cinesi hanno ordinato la chiusura del settimanale, noto per l'anti-conformismo dei suoi articoli e le critiche alle politiche ufficiali, il 24 gennaio, probabilmente a causa di un articolo pubblicato due settimane prima che criticava l'interpretazione della Rivolta dei Boxer dei libri di testo ufficiale.