Aiea, violazione accordo nucleare: Teheran aumenta le scorte di uranio arricchito

Per gli esperti Onu, Teheran ha innalzato in modo “significativo” i quantitativi di uranio al 60%. Critiche agli “ostacoli” frapposti alle attività di monitoraggio, mentre le questioni relative alla sicurezza restano “irrisolte”. Israele rafforza i piani di un attacco e cerca di “minimizzare” la presenza iraniana nella regione. 


Teheran (AsiaNews/Agenzie) - L’Iran ha aumentato in modo significativo in questi ultimi mesi la quantità di uranio altamente arricchito in violazione degli impegni presi con l’accordo del 2015 (Jcpoa), che limita le attività in campo nucleare in cambio di un allentamento delle sanzioni. È quanto emerge da un doppio rapporto pubblicato ieri dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), aggiornato a fine agosto. Le riserve di uranio arricchito al 60% hanno superato il 3,67%, passando a 10 kg dai 2,4 kg di maggio; l’uranio al 20% è aumentato da 62,8 kg agli attuali 83,4 kg. 

L’organismo Onu lancia al contempo una dura critica ai vertici della Repubblica islamica per aver ostacolato un’inchiesta sulle attività passate e aver messo a repentaglio importanti attività di monitoraggio, complicando la ripresa dei colloqui. Al centro delle accuse degli esperti la mancata spiegazione sul ritrovamento di tracce di uranio in diversi siti vecchi e non dichiarati; a questo si unisce la richiesta di accesso urgente ad alcune apparecchiature di monitoraggio, per tenere traccia delle attività in corso. 

In uno dei due rapporti analizzati dalla Reuters si legge che “la fiducia dell’Agenzia nel mantenere la continuità delle conoscenze sta diminuendo nel tempo ed è ora calata in modo significativo”. Gli accessi sono previsti ogni tre mesi, ma l’ultimo risale al 25 maggio. “Questa fiducia continuerà a diminuire - prosegue il documento Aiea - a meno che la situazione non venga immediatamente corretta dall’Iran”. “Il direttore generale - aggiunge il secondo rapporto - è sempre più preoccupato che, a distanza di due anni, le questioni di sicurezza […] rimangano irrisolte”.

Nell’ultimo biennio Teheran ha violato in maniera progressiva i termini del patto; i primi passi risalgono al 2019, in risposta al ritiro nel maggio 2018 dell’allora presidente Donald Trump dal Jcpoa e alla reintroduzione delle più dure sanzioni della storia, che hanno determinato un crollo dell’economia iraniana. L’accordo temporaneo è scaduto il 24 giugno scorso e le diplomazie internazionali sono al lavoro per un nuovo patto sebbene Joe Biden abbia mantenuto le sanzioni del predecessore. Da aprile emissari Usa, europei ed iraniani hanno avviato colloqui a Vienna; l’ultimo incontro si è tenuto il 20 giugno, dopo le elezioni presidenziali che hanno decretato la vittoria dell’ultraconservatore Ebrahim Raisi. 

Intanto Israele sta rafforzando i piani di un possibile attacco contro l’Iran e che, nell’ultima fase, hanno subito una “forte accelerazione”. La conferma arriva dal generale Aviv Kohavi, capo di stato maggiore delle Forze di difesa, il quale ha precisato che “una fetta significativa degli aumenti riservati al bilancio della difesa, come concordato di recente, era destinato proprio per questo scopo”. L’alto militare ha poi aggiunto che sono in corso sforzi in tutto il Medio oriente per controllare gli alleati dell’Iran. L’obiettivo, conclude il generale, è di “minimizzare la presenza iraniana” nella regione, con una particolare attenzione alla Siria, ad Hamas ed Hezbollah.