Vilnius invita a disfarsi dei telefonini cinesi: spiano e censurano
di Emanuele Scimia

Nel mirino soprattutto i cellulari Xiaomi: bloccherebbero termini come “Tibet libero” e “movimento democratico”. Analisti cyber lituani: al momento sono 449 le espressioni censurate. Tensione alta tra la Repubblica baltica e Pechino. La diplomazia lituana tenta però di smorzare i toni.


Roma (AsiaNews) – Il ministero lituano della Difesa consiglia ai consumatori dentro e fuori il Paese di non comprare telefonini cinesi o di disfarsene in caso di possesso. Secondo un rapporto pubblicato ieri dall’Autorità per la sicurezza cibernetica di Vilnius, cellulari made in China venduti in Europa hanno incorporato un sistema che permette di individuare e censurare termini sensibili per il regime di Xi Jinping, come “Tibet libero”, “movimento democratico” e “lunga vita a Taiwan indipendente”. Al momento le espressioni censurate sono 449, ma il software continua ad aggiornarle.

I fari delle autorità lituane sono puntati soprattutto sul modello Mi 10T 5G della compagnia Xiaomi, secondo esportatore mondiale. La compagnia produttrice ha “spento” in Europa le sue capacità di raccolta dati, ma secondo gli analisti cyber di Vilnius esse possono essere riattivate da remoto in qualsiasi momento. I ricercatori lituani fanno notare anche che il telefonino Xiaomi invia dati telefonici criptati a un server di Singapore: lo stesso accade con il P40 5G di Huawei, ma non con i modelli di OnePlus, un altro produttore cinese.

Secondo diversi media, Huawei ha negato le accuse rivolte dalle autorità lituane; lo stesso ha fatto Xiaomi con una nota ufficiale. Accusato di spiare per lo Stato cinese da Donald Trump prima, e ora da Joe Biden, Huawei ha subito un duro colpo dal boicottaggio Usa dei propri prodotti. Come già sottolineato ad AsiaNews dal Cooperative Cyber ​​Defense Center of Excellence, un hub di difesa informatica accreditato dalla NATO con sede in Estonia, i Paesi che acquistano reti 5G di Huawei non possono eliminare del tutto il rischio di finire sotto il controllo delle agenzie di intelligence cinesi. L’unica soluzione è evitare del tutto l’acquisizione di apparati tecnologici prodotti in Cina.

Negli ultimi mesi i rapporti tra Lituania e Cina sono diventati molto tesi. Lo scorso 10 agosto Pechino ha richiamato in patria il proprio ambasciatore a Vilnius: una protesta contro la decisione del governo lituano di permettere a quello taiwanese di aprire un ufficio di rappresentanza con il nome “Taiwan”. Per il Partito comunista cinese l’isola è una provincia “ribelle” da riunificare con la forza se necessario.

Anche l’ambasciatore lituano a Pechino ha fatto rientro nel proprio Paese. Contattato da AsiaNews sullo stato delle relazioni con la Cina, il ministero lituano degli Esteri si è mostrato cauto. “In linea con la ‘politica dell’unica Cina’ – ha spiegato un portavoce di Vilnius – la Lituania è determinata a perseguire rapporti economici e culturali con Taiwan che siano vantaggiosi per entrambi i Paesi, come fanno altri Stati in Europa e nel resto del mondo”. Il dicastero lituano ha poi espresso la speranza che i recenti contrasti con la Cina siano risolti per via diplomatica e in base al diritto internazionale.

La diplomazia lituana non ha voluto però confermare o meno notizie di stampa secondo cui i cinesi hanno imposto anche sanzioni commerciali, come la sospensione del servizio treni merci per la Lituania e lo stop a nuove licenze di esportazione per i produttori lituani. “In questa fase – afferma il ministero degli Esteri – non possiamo fornire ulteriori commenti sulla vicenda”.