Elezioni Duma: sorprese e dubbi nella vittoria di Putin
di Vladimir Rozanskij

Proteste per le falsificazioni dei risultati, soprattutto quelli relativi al voto elettronico nella capitale. Ucraina e Turchia contestano voto in Crimea; Georgia contro votazione in Abkhazia e Ossezia del Sud. Navalnisti: “Voto utile” contro candidati putiniani ha funzionato in Siberia. Avanzano i comunisti.


Mosca (AsiaNews) – L’esito delle elezioni russe ha confermato il dominio putiniano nella Duma (Camera bassa) e nella politica nazionale e regionale. Quest’egemonia rischia però di rivelarsi una vittoria di Pirro. Non si spengono le proteste per le falsificazioni dei risultati, soprattutto quelli relativi al voto elettronico nella capitale. Secondo gli oppositori, soprattutto comunisti e navalnisti, il partito al potere Russia Unita avrebbe guadagnato con i brogli tra il 15 e il 20% dei voti in più di quelli reali; anche la partecipazione al voto sarebbe stata gonfiata ad arte, per dimostrare la fedeltà degli elettori al regime.

Le proteste arrivano anche da fuori, per aver concesso il diritto di voto ai russi nei territori “occupati” o in vario modo controllati dalla Russia oltre i propri confini: tutti ovviamente a favore del presidente “liberatore”. Protesta l’Ucraina per la massa dei votanti nel Donbass e in Crimea. Perfino la Turchia ha fatto sentire il suo dissenso. Con un comunicato del portavoce del ministero degli Esteri, l’ambasciatore Tanju Bilgiç, Ankara ha detto di “non riconoscere i risultati delle elezioni per il rinnovo del Parlamento russo”, perché “la Turchia sostiene l’integrità territoriale dell’Ucraina e ritiene illegale l’annessione della Crimea”, che a suo tempo ha fatto parte dei territori ottomani.

Anche il ministero degli Esteri della Georgia ha condannato lo svolgimento delle elezioni russe nei territori dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud, controllati dai russi dopo il conflitto del 2008-2011. Le due auto-proclamate repubbliche autonome, formalmente appartenenti alla Georgia, hanno aperto oltre 20 seggi elettorali, nei quali venivano sottoposti a votazione non solo i partiti, ma anche diversi candidati a seggi uninominali di varie regioni della Russia, dal nord alla Siberia. Secondo Tbilisi, questi comportamenti “infrangono tutte le norme del diritto internazionale”.

Difficile da digerire per il regime putiniano anche l’affermazione dei comunisti del Kprf, dati fino alla fine degli scrutini intorno al 25%, poi relegati a un più “accettabile” 19%. Diverse centinaia di sostenitori del Kprf sono scese in piazza, a Mosca e in altre città, per protestare contro i brogli. Nel paese si diffonde l’impressione che da alleati di Putin i comunisti possano tentare almeno una critica che dia voce allo scontento popolare. Ha fatto scalpore la vittoria comunista nella Repubblica estremo-orientale della Jacuzia, da cui è uscita anche la candidatura vittoriosa dell’ex sindaca Sardana Avksentieva con la lista “Gente Nuova”.

La Repubblica di Sakha, come si chiama il territorio attorno al capoluogo Jakutsk, ha visto l’inattesa vittoria del comunista Petr Ammosov al seggio uninominale, e il Kprf ha superato la lista di Russia Unita sotto la guida del “barbaro jakuto” Sergej LevĨenko, umiliando i putiniani dell’attuale presidente della Jacuzia, Ajsen Nikolaev, e della deputata storica Galina DanĨikova.

Gli jakuti hanno dimostrato libertà di pensiero e coraggio politico, quattro anni dopo la sorprendente elezione della Avksentieva. È stata punita l’incompetenza delle autorità nel fronteggiare gli incendi boschivi dei mesi caldi, che ha costretto gli abitanti di molte regioni orientali a respirare fumo per tutta l’estate: è soltanto uno dei motivi del malcontento popolare, che spingono sempre più i comunisti a opporsi al regime, nonostante non siano mai stati popolari in questi territori.

Il progetto navalnista dell’umnoe golosovanie (voto utile) sembra essere stato scongiurato, con le repressioni preventive e le manipolazioni dei risultati. I sostenitori del blogger incarcerato ritengono però di aver ottenuto risultati importanti, sia con l’appoggio ai comunisti e alle altre liste non putiniane, sia per essere riusciti a piazzare alcuni deputati, sfuggiti al controllo della macchina statale.

Anche le evidenti falsificazioni dimostrano la scarsa legittimità del putinismo, come ribadisce il navalnista Leonid Volkov sul suo canale Telegram. Un candidato del partito Ldpr (liberal-nazionalisti) molto vicino ai navalnisti, Aleksej Didenko, è riuscito a conquistare il seggio da deputato grazie ai voti dei russi residenti a Londra e a Parigi, come comunica Interfax, pur presentandosi nella regione di Tomsk in Siberia. Didenko ha superato il putiniano Ilja Leontev per soli 600 voti, dopo vari riconteggi.