Fra cittadinanza e dignità, le Chiese orientali in una regione in piena evoluzione
di Fady Noun

Un gruppo ribattezzato “Scegliamo la vita” propone ai cristiani del Medio oriente un rinnovamento multiforme della loro presenza. Alla base il valore della persona umana e il rapporto fra le fedi. La rivoluzione incompiuta della primavera araba che non ha prodotto governi “democratici”. Il documento sulla fratellanza del papa e dello sceicco di al-Azhar pietra miliare per il futuro. 


Beirut (AsiaNews) - Dignità umana, rapporto con l’altro, cittadinanza, partenariato e rifiuto di una mera alleanza fra minoranze: sono questi gli assiomi più importanti di un rinnovamento teologico, geopolitico e sociale al quale fa appello un gruppo di lavoro ecumenico ribattezzato “Scegliamo la vita”. Un documento che offre una sintesi di questi propositi è stato presentato in questi giorni alla chiesa di Mar Élias d’Antélias, alla presenza di 11 firmatari fra i quali figurano Souraya Bechaalany, ex segretario generale del Consiglio delle Chiese del Medio oriente, il politologo Ziad el-Sayegh e p. Gabriel Hachem. La riflessione, tanto religiosa quanto politica, va contro-corrente rispetto a un sentire comune geopolitico attuale. Essa propone nello specifico alle Chiese del mondo arabo, a dispetto di alcune reticenze provenienti dal fronte ortodosso, di discernere nel profondo di una storia tormentata le scelte che porteranno a un rinnovamento e a una attualizzazione della fede comune, indipendentemente dal peso demografico di ciascuna.

Alla presentazione del documento hanno partecipato il nunzio apostolico in Libano, mons. Joseph Spiteri, cheikh Fadel Selim esponente dello sceicco Akl per la comunità drusa, cheikh Hussein Chéhadé in rappresentanza dell’ulema Ali Fadlallah e il vicario patriarcale maronita mons. Boulos Sayah. Presenti anche Rodelmar Bueno de Faria, segretario generale di Act Alliance (ong internazionale che promuove uno sviluppo sostenibile e duraturo con base a Ginevra), Fayçal el-Khalil a nome di Civil Influence Hub, oltre a diverse personalità di primo piano della cultura, della società civile, delle religioni oltre agli organi di stampa.

In apertura, il politologo Ziad el-Sayegh ha delineato il quadro che ha giustificato l’approccio del suo gruppo. “L’essenza stessa della persona umana e della sua dignità - ha spiegato - sono oggi minacciate da distorsioni di natura ideologica, statale e politica, che hanno stravolto la bussola morale e persino il senso stesso di dignità”. “Non siamo minoranze” ha aggiunto con piglio risoluto al-Sayegh. “E rifiutiamo l’alleanza delle minoranze e il ricorso a protezioni straniere. Noi siamo parte integrante di una maggioranza araba che aspira a uno Stato di natura civile, basato sulla cittadinanza attiva, rispettando e promuovendo la diversità e il pluralismo”.

Parlando a sua volta Najla Kassab, ordinato ministro del Sinodo evangelico nazionale di Siria e Libano e presidente della Comunione mondiale delle Chiese riformate (Wcrc, una organizzazione ecumenica internazionale), ha sottolineato che il documento “ci invita a impegnarci scegliendo la vita come vittoria sulla morte, sullo scoraggiamento, sulla distruzione, la povertà e l’esodo forzato”. Egli ha aggiunto che “scegliere la vita vuol dire impegnarsi in un dialogo approfondito su stato di cittadinanza, diritto alla differenza, giustizia sociale, integrità economica, buona gestione ecologica, solidarietà umana e buona testimonianza a favore della verità, della giustizia, della libertà e dei diritti umani. Secondo Kassab, “quella cristiana non è una presenza passiva”. 

Il concetto di cittadinanza

Da parte sua, citando passaggi chiave del documento proposto, il professor Assaad Kattan, che occupa la cattedra di teologia ortodossa presso l’università di Munster (Germania), ha spiegato come “le rivoluzioni della primavera araba non hanno ancora portato all’istituzione di regimi politici democratici”. Egli auspica inoltre che “il concetto di cittadinanza sia posto al centro della pratica politica”. “Stiamo assistendo - ha aggiunto - a una riconfigurazione del presente di questa regione“. Il vecchio ordine ha portato a esplosioni, ma il nuovo ordine non si è ancora materializzato. A suo avviso  “i cristiani in Medio oriente sono tenuti, con i loro fratelli musulmani e altri partner, a costruire in tutte le sue ramificazioni uno Stato di natura civile, in cui la cittadinanza viene applicata senza discriminazioni o eccezioni”. Il professor Kattan ha anche invitato le Chiese a ”denunziare l‘ingiustizia di cui le donne, nel corso dei secoli, sono state vittime e, attraverso iniziative coraggiose, a lavorare per cambiare il loro destino e stabilire una rigorosa uguaglianza tra loro e gli uomini”.

La cerimonia ha incluso gli interventi attraverso una piattaforma virtuale del card. Raphael Louis Sako, patriarca della Chiesa caldea, del patriarca emerito Michel Sabbah, ex primate latino di Gerusalemme, del ministro ordinato Anne Émile Zaki (Cairo), della senatrice Hanna Grace (Egitto), della ricercatrice e teologa Viola Raheb (Palestina/Austria) e del domenicano p. Amir Jaji (Iraq).

Apertura al dibattito

“Queste proposte sono aperte alla discussione” conferma una fonte vicina ai firmatari del documento. Non sostituiscono le riflessioni precedenti, ma si aggiungono a loro. È il futuro del mondo arabo che sta emergendo, le cui pietre miliari sono la primavera araba, il documento sulla fratellanza umana di Abu Dhabi (2019) firmato dal papa e dallo sceicco di al-Azhar e le sfide del fenomeno della globalizzazione. Le chiese sono invitate a riflettere su ciò che va oltre i confini del Libano; il documento pone notevoli sfide a ecclesiastici, ricercatori, intellettuali e politici del Paese dei cedri e nel mondo arabo, anche se alcune delle proposte, come l’alleanza delle minoranze, e l’opzione di cittadinanza non sono negoziabili. E aggiunge: “La grande sfortuna è che questa tabella di marcia rischia di subire il destino di tante altre, rimaste poi lettera morta”.