Cambiare le regole dello 'Squid Game': l'impegno di p. Bordo per la gente di strada
di Alessandra De Poli

Gli ospiti della Casa di Anna, il centro per senzatetto gestito dal missionario degli Oblati di Maria Immacolata, non sono sempre indebitati come i protagonisti della serie Netflix. Sono giovani e adulti con problemi psichici e disabilità, ex carcerati, anziani poveri e barboni: gli emarginati, gli abbandonati dal sistema, gli ultimi. Grazie a p. Bordo viene data loro la possibilità di riscattarsi.


Seoul (AsiaNews) - “Per sopravvivere in Corea del Sud bisogna essere intelligenti, furbi e veloci”. Potrebbe essere una battuta presa da "Squid Game", ma a raccontarlo ad AsiaNews è padre Vincenzo Bordo, 64 anni, missionario degli Oblati di Maria Immacolata. “Noi ci occupiamo di chi non lo è”. 

Per la sua vita in Corea si è scelto il nome Kim Ha Jong, che vuol dire “servo di Dio”. A Seongam, a un’ora e mezzo dalla capitale Seoul, Mr. Kim (come lo chiamano i coreani) gestisce la Casa di Anna, un centro per persone che vivono in strada. Gli ospiti non sono indebitati come in Squid Game, ma sono per lo più giovani e adulti con problemi psichici e disabilità, ex carcerati, anziani poveri, barboni e senzatetto. Sono gli emarginati, quelli abbandonati dal sistema, che - lo si impara guardando la serie Netflix - è ipercompetitivo e sfrenatamente capitalistico. 

Un giorno un ricco ristoratore cristiano che era venuto a conoscenza delle attività del missionario nelle mense con i più poveri, disse a p. Bordo di voler finanziare un nuovo centro per senzatetto. Si dichiarò non praticante, ma voleva onorare la morte della madre morta da poco. È così che nacque la Casa di Anna, che oggi offre sia servizi di base (pasti, docce, barbiere), ma anche alloggio, aiuto psicologico, attività di arte e musicoterapia, assistenza legale. “La prima cosa che facciamo è tirarli su dal punto di vista psicologico e poi aiutarli a reinserirsi nella società: chi vuole studiare può farlo e diplomarsi, chi non può tornare a casa può stare con noi più a lungo. Per i più piccoli abbiamo diverse case famiglia”. Ma chi vive in strada da decenni, spiega, spesso preferisce usufruire solo dei servizi primari. 

“Sono arrivato qui nel 1990, ma quello di oggi è un Paese completamente diverso da allora”. E i cambiamenti si vedono soprattutto nelle nuove generazioni. “Prima i ragazzi che arrivavano qui avevano sempre in tasca un accendino e un coltello per difendersi in strada”, racconta il missionario originario di Piansano, in provincia di Viterbo. “Ora quelli che fuggono di casa non hanno calzini e mutande, ma portano sempre con sé un tablet e almeno due cellulari”.

A volte è p. Bordo con il suo staff ad andare a raccogliere gli ultimi per le strade, a volte arrivano loro spontaneamente. “Quando una coppia divorzia i figli vengono quasi sempre affidati al padre, è una prassi che deriva dal confucianesimo” spiega il religioso. “Se questo si risposa la nuova moglie tratta malissimo i figli del marito, che scappano per evitare violenze fisiche e psicologiche”. 

In Squid Game, Cho Sang-woo, uno dei concorrenti del "gioco del calamaro", fa credere alla famiglia di essere ancora un uomo in carriera con una fiorente attività finanziaria dopo essersi laureato alla prestigiosa Università di Seoul. In realtà è anche lui inseguito dagli strozzini, pieno di debiti fino al collo e non sa come uscirne. Ogni tanto alla Casa di Anna capita anche qualcuno con una storia simile a quella di Cho Sang-woo.

“All’ultimo piano del nostro centro c’è anche una piccola fabbrica. Chi lavora qui ottiene uno stipendio e ha vitto e alloggio gratuito. In un paio d’anni alcuni riescono a mettere da parte fino a 20mila euro e rifarsi una vita”, prosegue il missionario. “L’altro giorno ero al semaforo e mi ha salutato un uomo che con il cappello e la mascherina non ho riconosciuto subito. Era stato da noi per tre anni dopo che la sua azienda era fallita e ora ha ripreso la sua attività”. Lo racconta ad AsiaNews per telefono, ma si sente che sorride mentre ne parla. “Diamo una possibilità a chi non riesce a stare alle regole del sistema”. 

Il religioso dice che con la pandemia le cose si sono complicate, perché ad esempio i pasti devono essere serviti all’aperto, in un grande parcheggio, e per lo staff significa il doppio del lavoro. Le persone da servire sono diventate 750 (prima erano 200 in meno), con i vicini che si lamentano. “Eh sì, il centro è grande e tante persone che vivono in strada si riuniscono insieme nello stesso posto. Alla gente di qui non piace”, conclude p. Bordo, che non vuole mollare e continua a giocare alle sue regole del gioco.