Biškek è la pedina di Erdogan in Asia centrale
di Vladimir Rozanskij

Nei prossimi giorni si riunisce il “Consiglio turco”, che raccoglie Ankara e le repubbliche post-sovietiche dell’Asia centrale. Erdogan vuole trasformarlo in una “Unione turca”. Kirghisi corteggiati con promesse commerciali e droni da combattimento. L’irritazione di Mosca.


Mosca (AsiaNews) – Il presidente del Kirghizistan Sadyr Žaparov si recherà nei prossimi giorni a Istanbul per partecipare all’8° summit del Consiglio di cooperazione dei Paesi turcofoni (Ccpt). Chiamato anche “Consiglio Turco”, oltre a Biškek e Ankara vi fanno parte Azerbaigian e Kazakistan. All’incontro si uniranno anche i presidenti di Uzbekistan e Turkmenistan. Žaparov avrà anche l’occasione di un bilaterale con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

Il Kirghizistan è molto interessato alla collaborazione commerciale e militare con i turchi, e si attende consistenti investimenti da parte di Ankara. Da quando è diventato presidente a gennaio, questa è la seconda visita di Žaparov in Turchia. L’occasione del summit è significativa soprattutto per l’intenzione dichiarata da Erdogan di trasformarlo in una vera “Unione turca”, con l’integrazione a tutti i livelli delle nazioni turcofone.

Come spiega il politologo Mars Sariev alla Nezavisimaja Gazeta, “il Kirghizistan è il Paese più vicino alla Turchia in tutta l’Asia centrale, soprattutto dopo i recenti conflitti sulla frontiera kirghiso-tagika, in cui i turchi hanno appoggiato le ragioni di Biškek”. A giugno 2021 si erano già svolte trattative molto avanzate per la collaborazione tra i due governi, con l’intenzione dichiarata di portare a un miliardo di dollari il bilancio degli scambi commerciali. Finora questi obiettivi appaiono piuttosto velleitari, come osserva Sariev: “Ankara è capace di proporsi con grande effetto, ma le risorse economiche della Turchia sono in realtà limitate”.

Prima del viaggio in Turchia, Žaparov ha ricevuto la visita del presidente dell’Unione turca delle corti e delle borse, Mustafa Rifat Khisardjiklioglu, che ha ribadito l’interesse di Ankara a investire in Kirghizistan. A loro volta i kirghisi sono pronti a offrire condizioni vantaggiose agli investitori turchi. Come ha ribadito Žaparov, “la Turchia e la Kirghizia non sono soltanto partner strategici, ma Paesi fratelli”.

Uzbekistan e Kazakistan appaiono più guardinghi rispetto al Kirghizistan nei confronti dei piani della Turchia, anche in forza delle più stabili condizioni economiche. I kirghisi hanno acquistato di recente dai turchi una grossa partita di droni “Bayraktari”, un’arma di cui sono dotati pochi Stati al mondo, e un gruppo di piloti kirghisi sta ricevendo una speciale preparazione in Turchia per la guida dei velivoli senza pilota. Di recente il governo kirghiso ha acquistato anche una certa quantità di droni russi “Orlan-10”, come ha spiegato il capo del Comitato statale per la sicurezza di Biškek, Kamčibek Tašiev.

Il Kirghizistan in realtà non si sta preparando alla guerra, neanche in relazione alle potenziali minacce provenienti dall’Afghanistan, che comunque vengono prese sul serio, per la potenziale deriva di gruppi radicali nella valle di Fergana. Per ora i droni serviranno solo come arma di controllo della zona. Si attende l’esito delle mosse del governo afghano, che al momento appare ancora piuttosto precario e incapace di affrontare i problemi reali.

I kirghisi non hanno dimenticato i tempi del cosiddetto “conflitto di Batken” degli anni 1999-2000, quando i guerriglieri del Movimento islamico dell’Uzbekistan hanno tentato di penetrare in Afghanistan attraverso i territori di Kirghizistan e Tagikistan, soprattutto dalla valle di Fergana. Con gli acquisti di armi da Russia e Turchia, i kirghisi cercano anche di mantenere un certo equilibrio tra le potenze amiche, nonostante la chiara insoddisfazione dei russi per l’intraprendenza dei turchi nell’Asia centrale.

La Russia sta di fatto perdendo il controllo del suo “cortile” post-sovietico in Asia; la Turchia è solo una delle potenze pronte ad approfittarne, insieme alla Cina e a diversi Paesi occidentali. I giochi sono ancora molto aperti.