Chhattisgarh, cristiani rasati pubblicamente per ‘ritornare’ indù
di Nirmala Carvalho

In un villaggio del distretto di Bijapur costretti dagli estremisti con la forza a compiere un rituale religioso per non perdere case e proprietà. La legge locale non considera come conversione il “ritorno alla religione degli antenati”, anche quando indirizzata verso tribali che non sono mai stati indù.


Raipur (AsiaNews) - Costretti con la forza a “ritornare” indù. È quanto accaduto lo scorso 1 novembre ai cristiani del villaggio di Jaitaloor, nel distretto di Bijapur che si trova nello Stato indiano del Chhattisgarh. Estremisti indù hanno rasato loro il capo e messo in mano delle noci di cocco per un rituale religioso indù. Gesti accompagnati dalla minaccia di spogliarli delle loro terre, case e proprietà e di non poter più beneficiare dei diritti sui terreni forestali di proprietà pubblica se non lo avessero fatto.

“Si tratta di un atto barbaro e di una evidente conversione forzata”, commenta ad AsiaNews Sajan K. George, presidente del Global Council of Indian Christians. “Una violazione del diritto fondamentale alla libertà religiosa e al rispetto della dignità di ogni persona e anche un modo per umiliare pubblicamente, dileggiare e insultare i cristiani, la cui vita quotidiana è costantemente nel mirino dei gruppi estremisti della destra nazionalista. Non si tratta di un gesto isolato: i cristiani del Chhattisgarh vivono costantemente nella paura di queste campagne di ghar vapsi, come vengono chiamate le conversioni all’induismo”.

Già nello scorso mese di luglio nel vicino distretto di Sukma il sovrintendente della polizia Sunil Sharma aveva diffuso una circolare chiedendo agli agenti di innalzare il livello di attenzione verso le attività dei missionari cristiani “che - scriveva - viaggiano continuamente nelle aree interne plagiando i tribali locali per far accettare loro il cristianesimo”.

“In Chhattisgarh - spiega ancora Sajan George - le leggi anti-conversione sono state rese più dure nel 2006. Ma un emendamento prevede espressamente che ‘il ritorno alla religione originaria degli antenati’ non deve essere considerata una conversione”. Questo nonostante la agrande maggioranza delle popolazioni tribali non abbia mai realmente professato la religione indù.