Bangkok: i lavoratori migranti tornano a premere, ma le porte ufficiali restano strette
di Steve Suwannarat

Prima della pandemia erano milioni e rappresentano una forza essenziale per il mercato del lavoro locale. Oggi birmani, cambogiani e laotiani cercano di rientrare, ma le autorità thailandesi temono che questo possa far risalire i contagi.


Bangkok (AsiaNews) - Nell’ultimo fine settimana la polizia di frontiera thailandese ha fermato 120 birmani che cercavano di entrare in Thailandia. Ma sono migliaia i migranti che stanno tentando di rientrare nel Paese per ragioni di lavoro. E sono solo l’avanguardia delle centinaia di migliaia di persone costrette a rimpatriare per l’emergenza Covid-19 e per mesi rimaste impossibilitate a tornare a causa delle misure imposte da Bangkok per arginare la diffusione della pandemia.

Le autorità thailandesi si trovano davanti alla difficile scelta tra fermare l’immigrazione irregolare indicata finora come uno dei veicoli primari di contagio, oppure facilitare maggiormente quella regolare sapendo che per lungaggini burocratiche e costi non potrà essere adeguata alla richiesta del mercato del lavoro locale.

Un anno fa i dati ufficiali segnalavano 2,32 milioni di immigrati registrati in Thailandia; ma le stime più attendibili parlavano di un numero uguale se non superiore di persone presenti senza diritto legale di vivere e lavorare nel Paese. Birmani soprattutto, ma anche cambogiani e laotiani, difficili da censire e non solo per la precarietà della loro condizione ma anche per gli interessi dei datori di lavoro che li gestiscono e per la corruzione che garantisce rari sanzioni per irregolarità e abusi.

In un Paese che cerca di uscire da una crisi di eccezionale gravità e di riproporsi come centrale nella regione quanto a produzione, export e capacità di attrarre investimenti, la manodopera straniera – che va gradualmente sostituendo quella locale nell’edilizia, nell’industria della pesca e nell’agricoltura di piantagione - resta indispensabile.

Il ministero del Lavoro ha avviato una campagna per incoraggiare gli immigrati non registrati a regolarizzare la propria posizione entro la fine di novembre, mentre ha lanciato un’offensiva mirata ai governi dei Paesi limitrofi per incrementare le quote di ingressi regolari. Difficile che questo porti entro l’anno a registrare 600mila nuovi lavoratori come previsto dal ministero e in ogni caso l’evoluzione della situazione pandemica sarà uno degli elementi essenziali del piano

D’altra parte, da più parti e ormai da tempo, la Thailandia viene sollecitata a fare i conti con le sue contraddizioni in materia d'immigrazione e di tutela della sicurezza dei diritti fondamentali dei lavoratori, compresi quelli immigrati.