Aden, autobomba uccide giornalista mentre va in ospedale a partorire

La vittima è la 27enne Rasha Abdullah, morta nello scoppio di un ordigno piazzato nella sua auto. Ferito il marito, che punta il dito contro gli Houthi. Da tempo, egli accusa,  cercavano “il mio indirizzo di casa”. A Hudaydah in 24 ore i caccia sauditi hanno violato almeno 172 volte il cessate il fuoco. 


Aden (AsiaNews/Agenzie) - Una giornalista yemenita, incinta al nono mese, è stata uccisa in un attentato dinamitardo ad Aden, nel sud dello Yemen, mentre si dirigeva in ospedale per partorire. A raccontare la vicenda è Mahmoud al-Atmi, marito di Rasha Abdullah, rimasto anch’egli ferito nell’esplosione dell’ordigno piazzato nella loro auto. L’uomo punta il dito contro i ribelli sciiti Houthi, sebbene non vi siano prove certe sulle responsabilità e la matrice. 

L’attacco è avvenuto ieri nella città meridionale di Aden, sede temporanea del governo riconosciuto dalla comunità internazionale. In passato nella zona era attivo un movimento separatista vicino agli Emirati Arabi Uniti, che si era scontrato con i governativi sostenuti dall’Arabia Saudita, alimentando la tensione fra Riyadh e Abu Dhabi. Uno scontro poi rientrato con una difficile opera di integrazione dei separatisti nel governo centrale, uniti dalla comune opposizione agli Houthi. 

Rasha Abdullah, 27 anni, assieme al marito collaborava con diversi media locali e regionali, coprendo le vicende della guerra nello Yemen e le questioni umanitarie. La coppia ha un primo figlio di due anni. Al momento non vi sono rivendicazioni ufficiali dell’attentato, ma i sospetti di Mahmoud al-Atmi convergono sui ribelli sciiti Houthi. “Da tempo - ha detto all’Afp - stavano cercando di scoprire il mio indirizzo di casa”. 

L’esplosione non è un caso isolato in una città spesso teatro di violenze: il mese scorso un’autobomba ha ucciso 12 civili, fra i quali vi erano diversi bambini. E in passato i giornalisti sono stati obiettivo da colpire o vittime collaterali dei fronti in lotta.

La guerra in Yemen è divampata nel 2014 come scontro interno fra governativi filo-sauditi e ribelli sciiti Houthi vicini a Teheran. Degenerata nel marzo 2015 con l’intervento diretto di Riyadh, ha fatto registrare oltre 130mila morti e per l’Onu ha provocato la “peggiore crisi umanitaria al mondo”, sulla quale il Covid ha effetti “devastanti”; milioni di persone sono sull’orlo della fame e i bambini - 10mila dei quali morti nel conflitto - subiranno le conseguenze per i prossimi 20 anni.

Intanto nella provincia di Hudaydah, area portuale nella zona est del Paese, punto strategico per il passaggio di merci e persone e altra area calda del conflitto, i caccia della coalizione araba a guida saudita avrebbero violato per 172 volte il cessate il fuoco nelle ultime 24 ore. Gli attacchi sauditi si susseguono anche in altre zone dello Yemen colpendo a più riprese obiettivi strategici a Saada e Ma'rib. Le operazioni militari, secondo alcuni definite “aggressioni”, finiscono per alimentare la protesta di quanti criticano Riyadh per il mancato rispetto degli accordi di Stoccolma.