Tumulti nelle Isole Salomone: governo accusato di svendere il Paese a Pechino

Dopo il Parlamento nazionale, assaltata la Chinatown della capitale Honiara. Inviato contingente di pace australiano. Chieste le dimissioni del premier Sogavare: nel 2109 ha rotto le relazioni diplomatiche con Taiwan e riconosciuto la Cina. I rivoltosi vengono per la maggior parte dall’isola di Malaita, che ha stretti legami con Taipei.


Pechino (AsiaNews) – Rivoltosi nelle Isole Salomone hanno preso di mira oggi la Chinatown della capitale Honiara, sfidando il coprifuoco ordinato dal governo. Ieri gruppi di dimostranti hanno assaltato il Parlamento nazionale chiedendo le dimissioni del primo ministro Manasseh Sogavare, accusato di aver svenduto l’arcipelago ai cinesi. Su richiesta delle autorità locali, l’Australia ha inviato un piccolo contingente di soldati e poliziotti per placare i disordini.

La maggior parte dei manifestanti provengono dall’isola di Malaita, la più popolosa provincia delle Salomone. Nel settembre 2020 il premier locale Daniel Suidani aveva proposto un referendum per separarsi dal resto del Paese. Secondo Suidani, il governo centrale trascura gli interessi e le esigenze dell’isola, che ha stretti legami con Taiwan. La tensione tra le autorità di Malaita e quelle nazionali è cresciuta dopo che nel 2019 Sogavare ha interrotto le relazioni diplomatiche con Taipei per allacciarle con la Cina comunista.

Dal 2016, anno di elezione alla presidenza di Tsai Ing-wen, la Cina ha strappato a Taipei diversi partner diplomatici. Al momento Taiwan, che la leadership cinese considera una “provincia ribelle”, ha rapporti formali solo con 15 Stati. Nel sud Pacifico sono quattro, dopo la rottura del 2019 con le Isole Salomone e Kiribati.

Le critiche a Sogavare per i suoi rapporti con Pechino si sovrappongono a dispute di carattere politico, etnico e culturale che avevano già portato a un conflitto civile tra il 1998 e il 2003. Malaita è un’isola dal carattere fortemente religioso. Le persecuzioni nei confronti dei cristiani cinesi, e la natura non democratica del regime di Pechino, preoccupano la popolazione del luogo.

L’ambasciata cinese nelle Salomone ha espresso preoccupazione per la situazione. Una folla inferocita aveva già distrutto il quartiere cinese di Honiara all’indomani delle elezioni del 2006: i tumulti erano scoppiati dopo l’emergere d’informazioni su eventuali brogli orchestrati da uomini d’affari legati a Pechino.

Per il conflitto interno tra Honiara e Malaita, dal 2003 al 2017 l’Australia aveva già mantenuto sull’arcipelago una missione di pace. Secondo dati del Lowy Institute riferiti al 2019, gli australiani sono i primi fornitori di aiuti per lo sviluppo alle isole del Pacifico meridionale, seguiti da neozelandesi, nipponici e cinesi. 

Il peso della Cina nella regione è però in continua crescita. Gli Usa hanno accusato più volte Pechino di voler espandere la propria influenza nel Pacifico del sud per scopi geopolitici, sfruttando la “trappola del debito” per prendere il controllo di asset locali. Secondo vari media internazionali, nel 2019 Pechino ha chiesto alle Salomone di poter usare l’isola di Tulagi come base navale.