Pechino e Mosca verso una ‘quasi alleanza’ militare
di Emanuele Scimia

Una risposta al “doppio contenimento” degli Usa e dei suoi alleati. Cinesi e russi condurranno più esercitazioni strategiche e pattugliamenti congiunti nella regione Asia-Pacifico. Esperto Alexey Muraviev: non si può parlare di “alleanza di fatto”. Escluse per il momento operazioni combinate nel Mar Cinese meridionale. Il Cremlino non vende però a Pechino i suoi sommergibili.


Pechino (AsiaNews) – Cina e Russia amplieranno la loro cooperazione militare con esercitazioni strategiche e pattugliamenti congiunti nella regione Asia-Pacifico, compreso nel Mar del Giappone e nel Mar Cinese orientale. L’accordo è stato siglato nei giorni scorsi e secondo diversi analisti trasforma le relazioni tra i due Paesi in una “alleanza di fatto”. Un passo notevole per i cinesi, che hanno sempre portato avanti una politica diplomatica “di non alleanze”.

Per contrastare la pressione Usa e dei suoi alleati, negli ultimi tempi Pechino e Mosca hanno intensificato la collaborazione politica, economica e militare. Ne è esempio la recente intesa per sviluppare insieme depositi di carbone in territorio russo. Lontani i tempi dell’Unione Sovietica, il rapporto ora è sbilanciato a favore dei cinesi: una superpotenza nucleare con una struttura economica da Paese del terzo mondo, la Russia pare ormai rassegnata ad accettare un ruolo subalterno di esportatore di materie prime al regime di Xi Jinping.

Alexey Muraviev, docente di studi strategici e sicurezza alla Curtin University di Perth (Australia), non si spinge a parlare di alleanza de facto tra Mosca e Pechino; preferisce descrivere lo stato attuale delle relazioni politico-militari tra Russia e Cina come “quasi alleanza”. Parlando ad AsiaNews, Muraviev afferma che il rafforzamento del tandem sino-russo potrebbe diventare nei prossimi decenni “un importante fattore che influenzerà lo scenario geopolitico e geostrategico dell’Indo-Pacifico”.

Per l’esperto, la condizione di “quasi alleati” tra il Cremlino e il gigante cinese nasce dalla convergenza di interessi geopolitici e strategico-militari. I due governi autoritari hanno infatti interesse a scongiurare il “doppio contenimento” di Washington. Muraviev non crede però che russi e cinesi si impegneranno a compiere pattugliamenti aerei e navali congiunti nelle acque contese del Mar Cinese meridionale, rivendicato per quasi il 90% da Pechino.

“Per il momento le attività combinate sino-russe saranno limitate ad aree del Pacifico occidentale, con schieramenti aerei e navali regolari”, sostiene Muraviev. L’accademico non esclude che queste operazioni possano spostarsi più a sud, intorno a Guam (dove gli Usa hanno un caposaldo militare) e forse fino all’Oceano indiano.

 “I russi esprimono cautela sulla possibilità di sostenere le attività della Cina nel Mar Cinese meridionale”, dice Muraviev. Egli nota che le due marine non conducono esercitazioni nella regione dal 2016. “Se Mosca e Pechino dovessero decidere però di sfidare il patto Aukus – sottolinea il docente della Curtin University – il Mar Cinese meridionale potrebbe diventare un’area di competizione geostrategica”.

Aukus è l’accordo trilaterale tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia che permetterà a Canberra di costruire sottomarini a propulsione nucleare per la propria flotta facendo uso di tecnologia e know-how statunitensi. È visto da più parti come un nuovo strumento per contenere l’ascesa geopolitica della Cina, e può mettere a nudo i limiti della collaborazione tra Mosca e Pechino. A differenza degli Usa con l’Australia, il Cremlino è restio a vendere i propri migliori sottomarini (nucleari) ai cinesi, che hanno modelli più “rumorosi” e meno avanzati di quelli russi e statunitensi.