I malati indiani di Aids abbandonati nella pandemia da Covid-19

Pur essendo diminuiti negli ultimi anni, i pazienti infetti da Hiv sono ancora oltre 2,3 milioni in India e sono tra i più esposti alle conseguenze del Covid-19. Pascoal Carvalho (Pontificia Accademia per la Vita): "I governi e le autorità sanitarie hanno un obbligo maggiore oggi di fornire accesso alle cure mediche e farmaci adeguati". Le strutture della Chiesa in prima linea.


Mumbai (AsiaNews) - La celebrazione della Giornata mondiale per la lotta all’Aids il 1 dicembre è stata l’occasione anche in India per fare il punto sul tema del Hiv, soprattutto su un aspetto poco considerato: la sua coesistenza oggi con la pandemia da Covid-19. Secondo i dati più recenti disponibili l’India conta attualmente 2.348.000 persone affette dall’Aids, ma il Paese non ha una politica in grado di affrontare adeguatamente l’Hiv. La pandemia ha inoltre aggravato il peso della situazione per queste persone vulnerabili in termini di mancanza di aiuti finanziari, servizi sanitari e sostegno psicologico.

Non esistono studi specifici sulla mortalità da Covid-19 nelle persone già positive all’Aids, ma proprio per le caratteristiche della malattia il sistema immunitario diventa più soggetto all’attacco virale. È come se i malati di Aids oggi stessero combattendo contemporaneamente diverse pandemie: l’infezione, l’accesso al cibo, ai trattamenti sanitari, l’impedimento della vita sociale. Tutte le risorse e le infrastrutture che erano state destinate alla lottta all’Hiv sono state dirottate in India all’emergenza Covid-19. E I lockdown hanno reso difficili non solo i controlli periodici per gli ammalati, ma anche i nuovi test per diagnosticare l’infezione e l’accesso ai farmaci antiretrovirali.

Commenta ad AsiaNews il dottor Pascoal Carvalho, membro della Pontificia Accademia per la Vita:  “Le cellule CD4, dette anche cellule T, sono cellule dei globuli bianchi che aiutano a generare una risposta immunitaria e combattere le infezioni. L’Hiv attacca e distrugge le cellule CD4 e quando il loro numero è seriamente compromesso il sistema immunitario finisce per essere esposto anche alle più banali infezioni. È evidente, dunque, il rischio che il Covid-19 pone ai malati di Aids: una popolazione già vulnerabile e stigmatizzata si trova a vivere anche uno stress psicosociale aggravato dall’isolamento”.

“I governi e le autorità sanitarie - continua il dottor Carvalho - hanno un obbligo maggiore oggi nel continuare a fornire accesso alle cure mediche e farmaci adeguati a questi pazienti. Attraverso l’Apostolato della salute la Chiesa cattolica in India è in prima linea nella prevenzione e nel controllo dell’Hiv, come lo è stato fin dall’inizio nel nostro Paese”.

Negli ultimi anni l’India ha registrato una riduzione significativa dei malati di Aids: i 2.348.000 registrati nel 2019 sono il 37% in meno rispetto al 2010 e l’86% in meno rispetto al 1997. L’India, però, resta comunque il terzo Paese al mondo con il maggior numero di persone affette dal virus. Nonostante questo l'India non ha alcun ospedale specificamente dedicato alla cura dell’Hiv, mentre a luglio 2020 risultavano attivi 570 centri e 1264 succursali per le cure con i farmaci antiretrovirali.