Maria Ressa: 'La mia battaglia contro l'informazione inquinata dalla Silicon Valley'

Il discorso della giornalista filippina minacciata da Duterte alla consegna del premio Nobel per la pace a Oslo: "Un sistema aziendale pensato solo per guadagnare sta avendo in tempo reale conseguenze disastrose in Paesi come il mio, il Myanmar, l'India, lo Sri Lanka e molti altri". Il pensiero a Jimmy Lay condannato a Hong Kong. Le elezioni di maggio a Manila "una battaglia di vita o di morte per la democrazia".


Oslo (AsiaNews) - Nella Giornata dei diritti umani la giornalista filippina Maria Ressa, fondatrice del sito indipendente Rappler, ha ricevuto oggi a Oslo il premio Nobel per la pace assegnatole insieme al collega russo Dmitri Muratov. La cerimonia è stata l'occasione per un accorato discorso nel quale - a partire dalla propria esperienza - Maria Ressa ha ricordato anche i tanti altri giornalisti minacciati e improgionati "come Jimmy Lay, lasciato marcire in carcere a Hong Kong, Sonny Wee costretto a lasciare il Myanmar e il mio ex collega Jess Malabanan, uccisio 36 ore fa nelle Filippine".     

Nel suo discorso la neo-premio Nobel per la pace ha lanciato dure accuse nei confronti dell'industria dei social media. "Gli attacchi contro noi di Rappler - ha detto Maria Ressa - sono iniziati 5 anni fa, quando abbiamo chiesto la fine dell'impunità su due fronti: la guerra alla droga di Duterte e Facebook di Mark Zuckerberg. Oggi, le cose sono solo peggiorate e i peccati della Silicon Valley sono tornati a casa negli Stati Uniti il 6 gennaio con la violenza della folla a Capitol Hill. Quello che succede sui social media non rimane sui social media. La violenza online è la violenza del mondo reale".

"I social media - ha aggiunto - sono un gioco mortale per il potere e il denaro. Le nostre esperienze personali sono risucchiate in un database, un sistema di modifica del comportamento in cui siamo cani di Pavlov, sperimentati in tempo reale con conseguenze disastrose in Paesi come il mio, il Myanmar, l’India, lo Sri Lanka e molti altri. Facebook è il più grande distributore di notizie al mondo, eppure gli studi hanno dimostrato che le bugie, condite con rabbia e odio, si diffondono più velocemente e più lontano dei fatti sui social media. Queste aziende americane che controllano il nostro ecosistema informativo globale sono prevenute contro i fatti, prevenute contro i giornalisti. Ci stanno - per progetto - dividendo e radicalizzando".

"Come possono esserci elezioni integre se non c’è l'integrità dei fatti?", si è chiesta la giornalista che ha definito le prossime elezioni filippine una questione "di vita o di morte". "35 anni dopo che la rivolta del People Power ha spodestato Ferdinando Marcos e costretto la sua famiglia all'esilio - ha commentato - suo figlio, Ferdinando Marcos Jr. è il candidato principale e ha costruito una vasta rete di disinformazione sui social media, che Rappler ha svelato nel 2019. Sta cambiando la storia davanti ai nostri occhi". Ha citato "le operazioni di informazione cinesi bloccate da Facebook nel settembre 2020: stavano creando account falsi usando foto generate dall'intelligenza artificiale per le elezioni USA, stavano ripulendo l'immagine dei Marcos, facendo campagna per la figlia di Duterte e attaccando me e Rappler".

"Una bomba atomica invisibile - ha concluso - è esplosa nel nostro ecosistema dell'informazione, e il mondo deve agire come dopo Hiroshima. Come quella volta, dobbiamo creare nuove istituzioni, come le Nazioni Unite, e nuovi codici che dichiarino i nostri valori, come la dichiarazione universale dei diritti umani, per evitare che l'umanità faccia il peggio. C’è una corsa agli armamenti nell'ecosistema dell'informazione. Per fermarla occorre un approccio multilaterale di cui tutti noi dobbiamo far parte". Un approccio che comincia "ripristinando i fatti" e "opponendoci agli Stati che prendono di mira i giornalisti".