Condanne per i massacri del Gujarat, "trionfo della giustizia"
di Nirmala Carvalho

Reazioni positive di attivisti cristiani per i diritti umani dopo il verdetto della Corte speciale che si occupa della riapertura dei casi legati agli scontri del 2002 tra indù e musulmani. Best Bakery: dei 21 sospetti assolti nel 2004, 9 sono stati condannati all'ergastolo.


Mumbai (AsiaNews) – "Trionfo della giustizia", "rivincita della verità", passo importante per arginare i "crimini del fondamentalismo" in India. Così attivisti cattolici per i diritti umani nel Paese commentano la sentenza di una Corte speciale, che ha condannato all'ergastolo alcuni responsabili dei massacri del 2002 in Gujarat, assolti in precedenza.  

Venerdì scorso, 24 febbraio, una Corte speciale a Mumbai ha condannato alla detenzione a vita 9 persone in relazione al caso Best Bakery, legato ai disordini fra indù e musulmani nel Gujarat. Questi nel 2002 causarono più di mille morti, per lo più musulmani.

Il primo marzo di quattro anni fa, 14 persone, di cui 12 musulmani, vennero bruciate vive nella Best Bakery, a Vadodara, distretto di Baroda. Nel 2004, i 21 sospetti erano stati assolti per mancanza di prove, in seguito alla ritrattazione della testimone oculare dell'eccidio, Zaheera Sheikh. Solo dopo si  è scoperto che Zaheera aveva subito minacce da autorità locali per testimoniare il falso. Questo ha portato la Corte Suprema a riaprire il caso, spostando il processo nel vicino Stato del Maharashtra.

Di quei 21 sospetti, la Corte speciale, che conduce i nuovi processi, ne ha giudicati colpevoli 9 e non colpevoli 8. Gli altri quattro sono ancora latitanti. Il giudice Abhay Thipsay, però, ha anche stabilito che Zaheera sarà accusata di falso giuramento.

Secondo p. Cedric Prakash, gesuita e portavoce ufficiale dello United Christian Forum for Human Rights in Gujarat, "le condanne emesse venerdì scorso rappresentano un momento importante". "Il verdetto – spiega – aiuta a restaurare nel cittadino comune la fiducia nella sistema giudiziario nazionale". "È il trionfo della giustizia, la rivincita della verità".

Il gesuita, famoso attivista per i diritti umani, ritiene che le accuse di falso giuramento a Zaheera evidenzino come "i testimoni possano facilmente cadere vittime di figure senza scrupoli". "È importate – continua – che ora questa donna abbia detto tutta la verità su chi l'ha manipolata".

"Il verdetto – sottolinea p. Prakash – rappresenta uno schiaffo alle autorità del Gujarat, che non hanno fatto nulla per garantire giustizia alle vittime". Gruppi per i diritti umani hanno fin dall'inizio denunciato l'inazione del governo, allora guidato dal Bharatiya Janata Party (BJP), per fermare il massacro e il coinvolgimento di polizia e autorità locali negli scontri del 2002.

Ora il sacerdote aspetta la sentenza anche sugli altri casi riaperti dalla Corte Suprema: "Solo quando sarà fatta giustizia, in Gujarat potrà tornare l'armonia tra le varie comunità".

Al gesuita fa eco Dolphy D'Souza, presidente della Bombay Catholic Sabha (Bcs), un ente cattolico di Mumbai. "Spero che questa sentenza serva da deterrente per tali crimini contro l'umanità perpetrati dalle forze fondamentaliste". La Bcs, infine, sottolinea il ruolo delle Ong e dei gruppi per i diritti umani in tutto il Paese, "che hanno continuato con coraggio a cercare giustizia".