Il Kazakistan un mese dopo le proteste
di Vladimir Rozanskij

Il presidente Tokaev ha accentrato i poteri, ridimensionando il suo predecessore Nazarbaev. Lanciata profonda campagna moralizzatrice per superare i diffusi fenomeni di corruzione. Le autorità hanno promesso che i ricchi pagheranno ingenti somme a sostegno della popolazione.


Mosca (AsiaNews) – È passato un mese dalle proteste di Žanaozen, Almaty e delle altre città del Kazakistan, che hanno provocato un terremoto politico nel Paese. Il presidente Kasym-Žomart Tokaev ha concentrato su di sé la pienezza dei poteri, dopo un triennio in cui era apparso soltanto un burattino del suo predecessore, l’eterno Nursultan Nazarbaev.

La ragione iniziale delle proteste, l’aumento dei prezzi del gas liquefatto, è stata dimenticata in fretta nella confusione di quello che è seguito. Le autorità hanno accettato di abbassare le tariffe, quindi il governo si è dimesso in blocco, ma queste misure non hanno risolto la situazione. Agli slogan economici si sono sostituiti quelli politici, e nella ex capitale Almaty, la principale città del Paese, il tutto si è trasformato in una sommossa ancora difficile da decifrare, lasciando le strade in balia di teppisti e ladruncoli di ogni tipo, spinti da mercenari stranieri di cui non si conoscono i mandanti.

Di fatto la rabbia è stata incanalata contro Nazarbaev e la sua casta, a cui sono state attribuite tutte le responsabilità dei mali del Kazakistan, dopo 30 anni di potere incontrastato e apparentemente “illuminato”. Sono stati presi di mira i palazzi amministrativi, ma anche i cartelli, le insegne e i monumenti dedicati al padre della patria (“elbasy”). Alla fine è intervenuto l’esercito, con un bilancio finale di 225 vittime, tra cui 19 membri delle Forze dell’ordine. La chiamata in soccorso delle truppe della Csto (Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva), soprattutto di quelle russe, è durata lo spazio di un weekend, per risolversi in una parata “senza sparare un colpo”.

Dal 5 gennaio Tokaev ha assunto anche la carica di presidente del Consiglio di sicurezza al posto del predecessore, ed è iniziata una vertiginosa transizione di potere. Il 27 gennaio le camere riunite del Parlamento hanno cancellato tutti i privilegi “a vita” di Nazarbaev, garantiti da leggi approvate dopo le sue dimissioni da presidente nel 2019. Tutti i parenti e gli stretti collaboratori dell’elbasy sono stati cacciati dalle varie funzioni pubbliche, anche in modi piuttosto drammatici, a partire dal capo dei servizi di sicurezza (Knb) Karim Masimov, arrestato con l’accusa di tradimento. Al loro posto sono state insediate persone di stretta fiducia del presidente.

Tokaev ha annunciato una profonda campagna moralizzatrice, per superare i diffusi fenomeni di corruzione. Il 21 gennaio si è incontrato con gli imprenditori a Nur-Sultan, la città che ai tempi sovietici si chiamava Tselinograd, nel 1992 le hanno restituito il nome storico di Akmola, nel 1997 è divenuta Astana (“la capitale”), nel 2019 è stata dedicata a Nazarbaev e oggi di nuovo viene chiamata genericamente “la capitale”. Agli uomini d’affari il presidente ha annunciato in toni minacciosi la radicale modifica dei sistemi di pagamento, in nome della trasparenza.

All’inizio della crisi si era perfino diffusa la notizia della fuga di Nazarbaev verso qualche Paese amico del Medio Oriente, ma il 18 gennaio l’ex padre della patria è apparso in televisione per giurare fedeltà al successore, che a sua volta ha più volte confermato la piena sintonia con l’élite ormai sgominata. Rimane ora la domanda se la riconquistata pace sociale sia soltanto una finzione per nascondere i conflitti, o l’inizio di un vero cambiamento del Kazakistan, sia all’interno sia nelle relazioni internazionali.

I disordini di un mese fa sono stati attribuiti ai “terroristi” e ai “traditori”, ma sono anche state riconosciute le motivazioni sociali delle proteste. Oltre alla caccia ai responsabili, che è ancora in corso, Tokaev ha promesso di istituire un “fondo nazionale” (Kazakstan khalkina), dove i ricchi legati al passato dovranno versare ingenti somme a sostegno della popolazione. La lista dei “benefattori” del fondo e le somme annuali da versare saranno decise dal governo.

Il primo febbraio si è peraltro tenuta un’altra manifestazione, sotto stretto controllo delle Forze dell’ordine, davanti alla Procura generale di Almaty, per protestare contro la detenzione di persone innocenti e le violenze della polizia, e chiedere inchieste trasparenti sulla morte di diversi manifestanti di inizio gennaio. Anche questo dirà fino a che punto si aprirà una nuova pagina in Kazakistan, o tutto è cambiato perché tutto rimanga uguale.