Buenos Aires entra nella Belt and Road di Xi Jinping
di Silvina Premat

La firma del memorandum d’intesa durante una visita in Cina del presidente argentino Alberto Fernández. Per i rapporti con gli Usa, il suo predecessore Macri aveva preso le distanze dal progetto cinese. Sulla carta previsti investimenti cinesi per 24 miliardi di dollari. Messico, Brasile e Colombia prossimi obiettivi di Pechino.


Buenos Aires (Asia News). L'Argentina ha aderito in modo formale alla Belt and Road Initiative. È la prima grande economia dell'America Latina a sposare il piano cinese di investimenti infrastrutturali, progetto simbolo di Xi Jinping.

Il presidente argentino Alberto Fernández ha firmato il memorandum d'intesa durante il suo recente tour in Cina, che ha causato un tumulto politico in patria e all'estero. Nel frattempo sono in corso negoziati tesi con il Fondo monetario internazionale (Fmi) sul rifinanziamento del debito estero di Buenos.

In un momento in cui crescono anche le tensioni tra Washington e Mosca, Fernández ha fatto tappa anche in Russia. Egli ha proposto a Vladimir Putin che l'Argentina diventi "la porta della Russia verso l'America Latina". Nell’incontro con la controparte russa, il capo di Stato argentino si è lamentato della "grande dipendenza dell'Argentina dall’Fmi e dagli Usa".

Il polverone diplomatico sollevato da queste dichiarazioni ha un po' offuscato la notizia dell'adesione alla Belt and Road. Pechino cercava la cooperazione di Buenos Aires dal 2017, quando ha invitato l'allora presidente argentino, Mauricio Macri, a partecipare al primo Belt and Road Forum.

L'anno seguente, durante la riunione del G20 nella capitale argentina, Xi ha proposto il formale ingresso dell’Argentina nella Belt and Road. "In quegli anni il governo Macri dava priorità ai legami con gli Usa. Esso sosteneva che l'adesione alla progetto cinese non era necessaria, perché la 'partnership strategica globale' concordata con la Cina nel 2014 già includeva lo sviluppo della connettività e la costruzione di opere infrastrutturali", ha detto ad AsiaNews Jorge Malena, direttore di un master sulla Cina all'Università cattolica argentina e presidente del gruppo di lavoro sulla Cina del Consiglio argentino per le relazioni internazionali.

Sulla carta l'adesione alla Belt and Road favorisce gli investimenti cinesi nel Paese partner. In Argentina si parla di esborsi per circa 24 miliardi di dollari. Si tratterebbe di 16 progetti sviluppati da Pechino per la costruzione di autostrade, ferrovie, porti, dighe idroelettriche, centrali elettriche, abitazioni e opere sanitarie. Tra questi progetti spicca la costruzione di una centrale nucleare, che dovrebbe impegnare buona parte dei soldi cinesi.

La principale critica ai piani cinesi è la dipendenza finanziaria che hanno generato in altri Paesi, a cui si aggiunge il mancato ricorso alla manodopera locale. Nel caso dell'Argentina, le opinioni variano. Mentre diversi analisti hanno espresso il rischio di cadere nelle grinfie del gigante asiatico, altri sono più ottimisti. E hanno le loro ragioni. Malena è tra quest’ultimi. "Come ho appreso da fonti affidabili del ministero degli Esteri l'Argentina non ha aderito al testo originale presentato dalla controparte cinese, ma ha firmato una versione con una serie di modifiche”, dice l’accademico argentino.  Ad esempio, esse alludono alla necessità di impiegare lavoratori e input argentini, e di garantire trasferimenti di tecnologia e il rispetto dell'ambiente.

Dei 145 paesi che finora hanno aderito alle nuove Vie cinesi della Seta, con l'Argentina sono 19 quelle latinoamericane e caraibiche: Cile, Perù, Ecuador, Bolivia, Uruguay, Venezuela, El Salvador, Costa Rica, Cuba, Panama, Antigua e Barbuda, Barbados, Grenada, Guyana, Giamaica, Repubblica Dominicana, Suriname, e Trinidad e Tobago.

L'entrata dell'Argentina nel progetto dovrebbe accelerare i negoziati di Pechino per convincere altri importanti Stati della regione, come Messico, Brasile e Colombia, a fare lo stesso passo.