Naval’nyj, il ‘prigioniero speciale’
di Vladimir Rozanskij

Nuovo processo per il principale oppositore di Putin. La corte si riunisce nel lager dove è tenuto; escluso l’avvocato del blogger detenuto. Il regime vuole tenere la vicenda lontano dai riflettori nei giorni della crisi con l’Ucraina e l’Occidente: un altro segno dello “stato finale” del regime putiniano.


Mosca (AsiaNews) – Il principale oppositore di Putin, Aleksej Naval’nyj, langue ormai da un anno nella colonia penale n. 2 di Pokrov, nella provincia di Vladimir, a poco più di 100 chilometri dalla capitale. Dopo essere stato condannato a due anni (con l’aggiunta poi di un terzo) per il cosiddetto “affare Yves Rocher”, in cui avrebbe illegalmente trafugato dei fondi, ora viene processato di nuovo per accuse di frode e di offesa alla corte nei processi precedenti.

La novità è che il tribunale moscovita di Lefortovo, che ha in carico i processi al blogger anti-Putin, ha deciso questa volta di trasferirsi direttamente nel lager di Vladimir, senza neanche utilizzare i mezzi tecnologici di seduta a distanza, per paura di eventuali manifestazioni di sostenitori davanti alle sue porte. La decisione è quasi senza precedenti in Russia, e dimostra un’inaspettata debolezza da parte dei custodi dell’ordine, visto che ormai le manifestazioni pubbliche in Russia sono quasi scomparse a causa delle continue repressioni. Perfino l’altro storico oppositore di Putin, Mikhail Khodorkovskij, era stato portato in aula, anche dopo essere stato rinchiuso in uno dei peggiori lager siberiani.

Il tribunale ha rifiutato il permesso di partecipare all’avvocato di Naval’nyj, Vladimir Voronin, mentre all’ultimo ha lasciato entrare la moglie Julia, che ha potuto riabbracciare Aleksej dopo molto tempo, visto che le visite nei lager sono anch’esse piuttosto problematiche. Lo stesso Naval’nyj è intervenuto per dire che “ormai siamo al livello del sistema giuridico della Bielorussia... perfino in Unione Sovietica non si facevano i processi in trasferta. Da quando sono tornato dalla Germania, mi processate solo fuori sede, non capisco perché continuiate a venire voi da me e mi stiate sempre intorno”.

Egli ha concluso dicendo che “io voglio un processo aperto, a cui possano assistere le persone, che si possa anche trasmettere in streaming; voglio essere un normale ‘zek’ [detenuto del lager] che viene giudicato secondo le normali procedure”.

La nuova accusa di frode verso il fondatore del Fondo anti-corruzione (Fbk) è stata presentata già lo scorso anno. Secondo la versione degli inquirenti, Naval'nyj si sarebbe appropriato per usi personali di somme per oltre due milioni e mezzo di rubli (poco più di 30mila euro) versati all’Fbk, e per questo rischia fino a 15 anni di prigione. Dagli stessi verbali, peraltro, risulta che le somme sottratte si intendevano usare per gli scopi stessi del Fondo. Le “vittime della frode”, indicate dall’inchiesta, sono quattro personaggi piuttosto dubbi, chiamati sulla stampa “l’idraulico milionario, il finto pensionato e gli ostaggi del tribunale”, che avrebbero versato offerte in buona fede.

Il “processo in trasferta” vuole evitare soprattutto l’interesse dei giornalisti, che potrebbero farlo diventare un evento politico nazionale. Questo non riguarda solo il luogo in cui si celebra, ma anche il periodo, cercando di farlo scomparire nei giorni della crisi di politica estera con l’Ucraina e l’intero Occidente. Un collaboratore di Naval’nyj, Ivan Ždanov, parlando con The Insider ha sottolineato che “perfino nel 1937 ai processi assisteva un pubblico addomesticato, che applaudiva il procuratore generale Vyšinskij, ma almeno si fingeva di fare un processo pubblico, qui invece sembra un raduno segreto di gente impaurita”.

Il paragone con la Bielorussia non è casuale: il primo oppositore di Lukašenko, Sergej Tikhanovskij, è stato processato direttamente in prigione, e proprio questa circostanza aveva spinto la moglie Svetlana a scendere in politica contro il presidente-dittatore di Minsk, dando inizio al processo di protesta popolare contro il “batka” (padrino) bielorusso. Il processo a porte chiuse a Naval’nyj, nei giorni della minaccia bellica, è un altro segno dello “stato finale” del regime putiniano, che si sta giocando tutte le ultime carte.