Crisi ucraina: difficile che Pechino possa ‘salvare’ Mosca dalle sanzioni occidentali
di Emanuele Scimia

Come per la Crimea, i cinesi non riconosceranno le due repubbliche separatiste nel Donbass ucraino. La Cina non può compensare le forniture di gas russo all’Europa. Pechino ancora restia a seguire il Cremlino nei suoi sforzi di “de-dollarizzazione”. Per i cinesi, i ricchi mercati Usa ed europei sono troppo importanti.


Roma (AsiaNews) – Appare difficile che la Cina possa “salvare” la Russia da pesanti sanzioni occidentali, imposte per le azioni aggressive di Mosca nei confronti dell’Ucraina. Al momento il problema ancora non si pone: le misure punitive varate ieri da Usa, Ue, Regno Unito e da altri alleati occidentali dopo il riconoscimento russo delle repubbliche separatiste (Donetsk e Luhansk) nel Donbass ucraino sono troppo blande, e non possono preoccupare il Cremlino.

Il discorso cambierebbe con un’azione armata di Mosca in territorio ucraino. Come già promesso, il blocco occidentale è pronto a rispondere con sanzioni più dure. Sul tavolo ci sono l’esclusione della Russia dal Swift – il sistema di pagamenti internazionali controllato da Washington – e dal dollaro. Si considerano anche divieti alle banche russe di operare nei mercati finanziari occidentali, come restrizioni alla vendita di alta tecnologia, soprattutto microchip. L’arma più importante rimane quella di bloccare l’acquisto di gas e petrolio russi, la principale fonte di ricchezza di Mosca.

Le ultime mosse di Vladimir Putin creano un certo imbarazzo a Pechino. Come per l’annessione russa della Crimea del 2014, il governo cinese non riconoscerà le repubbliche separatiste nel Donbass ucraino. Secondo diversi analisti, con ogni probabilità la Cina non sfiderà le sanzioni occidentali al Cremlino, ma cercherà di aiutare il “quasi-alleato” russo in modo indiretto. Un esempio sarebbe l’accordo del 18 febbraio per l’acquisto da parte della Cina di carbone dalla Russia.

Quello del “soccorso energetico” pare il modo più efficace per la Cina di mitigare l’impatto sulla Russia delle restrizioni occidentali. A inizio febbraio, alla vigilia dell’inizio delle Olimpiadi invernali di Pechino, le due potenze hanno concordato la fornitura annua di ulteriori 10 miliardi di metri cubi (bcm) di gas russo al gigante cinese per 10 anni. In caso d’interruzione delle forniture all’Europa, gli acquisti cinesi non potranno però compensare le perdite russe, almeno nel breve e medio termine. Nel 2021 i Paesi europei hanno acquistato 168 bcm di gas dalla Russia: i cinesi sono arrivati a 16,5 bcm.

L’eccessiva dipendenza dalla vendita di materie prime alla Cina rischia poi di vanificare i tentativi di Mosca di ammodernare la propria economia, che in larga parte continua ad avere una struttura economica da Paese in via di sviluppo. Nonostante i proclami di vicinanza e cooperazione strategica – in chiave anti-Usa e anti-occidentale – tra i due Paesi, la Russia non riesce a diversificare il commercio con il partner cinese. Come fa notare il South China Morning Post, lo scorso anno l’export agricolo russo verso la Cina si è fermato a 3,5 miliardi di dollari, lontano dai 52,8 miliardi delle vendite energetiche.

Russi e cinesi hanno concluso i nuovi contratti energetici denominandoli in euro, un modo per ridurre la dipendenza della loro relazione commerciale dal dollaro. La mossa però rischia di esporre Mosca alle sanzioni europee. Per quanto il Cremlino negli ultimi anni abbia diminuito l’uso della valuta statunitense nelle transazioni con la Cina, rimane ancora vulnerabile. Secondo l’Atlantic Council, nel 2020 le esportazioni russe nel mercato cinese sono state pagate per il 65,3% in euro e il 22,7% in dollari; il 60% dell’export cinese diretto in Russia continua però a essere denominato in dollari.

Pechino continua a chiedere una soluzione diplomatica per la crisi russo-ucraina. È evidente che la leadership cinese si trovi in difficoltà nel dover scegliere tra i ricchi mercati di Usa ed Europa, e il sostegno a Putin. Nel 2020, primo anno di pandemia, la Cina ha avuto un interscambio commerciale pari a 646 miliardi di dollari con la Ue e a 583,7 miliardi con gli Usa; quello con la Russia ha superato di poco i 102 miliardi: c’è da chiedersi quale vantaggio strategico possa spingere Pechino ad accettare dolorose perdite immediate per schierarsi apertamente al fianco di Putin contro l’Occidente.