Guerra in Ucraina: i kazaki si offrono per mediazione tra Mosca e Kiev
di Vladimir Rozanskij

Il presidente Tokaev parla con Putin e Zelenskyj. Autorità e imprese kazake preoccupate per ricadute da conflitto e sanzioni occidentali alla Russia. Rispetto alle mire geopolitiche del Cremlino, con una consistente popolazione di origine russa, il Kazakistan ha una situazione simile all’Ucraina.


Mosca (AsiaNews) – Dopo aver ricevuto critiche da più parti per non aver condannato l’invasione russa in Ucraina, il presidente del Kazakistan Kasym-Žomart Tokaev ha deciso di proporsi come mediatore neutrale tra i due Paesi “fratelli” in conflitto. Lo ha fatto dopo aver fatto astenere i suoi rappresentanti all’Onu e contattato telefonicamente il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj.

Come ha comunicato il portavoce del presidente kazako, Berik Kurmangali, il colloquio ha avuto luogo “su richiesta ucraina”, e Tokaev ha fatto presente “l’importanza di raggiungere un accordo nelle trattative allo scopo di fermare e impedire ulteriori recrudescenze delle operazioni belliche in Ucraina”. Zelenskyj ha fatto sapere tramite Twitter di aver discusso della difficile situazione della sicurezza in tutta la regione, e di aver preso accordi sulle questioni umanitarie, promettendo “di rimanere in contatto”.

In precedenza Tokaev aveva chiamato il presidente russo Vladimir Putin, chiedendogli di “arrivare a un compromesso” sull’Ucraina. Il Kazakistan aveva in effetti evitato di condannare ufficialmente l’inizio dell’azione russa lo scorso 24 febbraio. Finora Nur-Sultan ha mantenuto un totale riserbo su tale valutazione, tanto da attirarsi le accuse da parte occidentale di essere di fatto un fiancheggiatore della Russia, da sottoporre a sanzioni.

Nella sessione straordinaria dell’Assemblea generale dell’Onu del 2 marzo, dove la risoluzione di condanna della Russia è stata approvata a larghissima maggioranza con 141 voti favorevoli, il Kazakistan è stato uno dei 35 Paesi che si sono astenuti, mentre solo cinque hanno votato contro: Russia, Bielorussia, Corea del Nord, Siria ed Eritrea. Zelenskyj ha ringraziato i favorevoli, dichiarando di “avere scelto la parte giusta”, e il ringraziamento si è implicitamente esteso ai neutrali, a partire dalla Cina e dal Kazakistan, che hanno in qualche modo dimostrato l’infondatezza delle pretese putiniane su tutta l’area ex sovietica.

Il Kazakistan è in effetti “l’altra faccia” dell’Ucraina, essendo stato definito anche di recente da Putin un Paese “originariamente russo”, sia per i vasti territori comuni suddivisi artificialmente nel periodo sovietico (come la Crimea e il Donbass), sia per il legame storico che in questo caso non dipende dal comune Battesimo cristiano come per Kiev, ma per lo scambio etnico eurasiatico evidente fin dai secoli più antichi. Non a caso i “kazaki” sono un termine che in russo suona identico ai “cosacchi”, proprio per la contiguità della composizione etnico-sociale dei nomadi e dei rifugiati nei territori a cavallo tra Europa e Asia.

Le vicende ucraine di questi giorni, del resto, colpiscono seriamente anche l’economia kazaka, tanto che gli imprenditori locali hanno chiesto in questi giorni a Tokaev di formare una “commissione anti-crisi” per studiare il modo di alleviare il peso delle sanzioni contro la Russia nell’economia del Paese. Il presidente del Consiglio di amministrazione dell’influente “Kusto Group”, Erkin Tatišev, ha dichiarato che “serve un lavoro costante comune che unisca gli esperti di economia, finanza e business sotto la guida del presidente, per non far crollare il Kazakistan nella povertà diffusa”.

In Ucraina sono rimasti bloccati quasi 100 convogli commerciali kazaki, e molti cittadini del Kazakistan tentano di raggiungere la Polonia. Secondo il ministero degli Esteri di Nur-Sultan, oltre 1.500 kazaki si trovano ancora in Ucraina.