L’economia cinese supererà quella Usa entro il 2030 (malgrado la crisi ucraina)

È la previsione di Justin Lin Yifu, ex vice presidente della Banca mondiale. Gli effetti della guerra in Ucraina colpiranno la Cina come gli Usa. Per Lin, l’economia cinese ha ancora un forte potenziale inespresso. Però investitori stranieri hanno appena venduto bond cinesi per 10,6 miliardi di dollari.


Pechino (AsiaNews) – L’invasione russa dell’Ucraina non impedirà alla Cina di diventare entro il 2030 la prima economia mondiale, superando gli Stati Uniti. Ne è convinto Justin Lin Yifu, ex vice presidente della Banca mondiale.

Ora docente all’università di Pechino e consigliere economico del governo, Lin lo ha dichiarato durante un incontro con i legislatori cinesi, riuniti in questi giorni per le “due sessioni” (Lianghui): la convocazione annuale congiunta dell’Assemblea nazionale del popolo e della  Conferenza politica consultiva del popolo cinese, chiamate a formalizzare decisioni già prese dal presidente Xi Jinping e dalla leadership del Partito comunista cinese.

Secondo Lin, la guerra in Ucraina avrà un impatto sull’economia cinese, ma anche su quella statunitense. Il problema maggiore sarà l’inflazione, con il prezzo delle materie prime in costante crescita dopo l’imposizione sulla Russia di pesanti sanzioni da parte dell’Occidente.

La previsione di Lin anticipa i tempi calcolati dalle autorità cinesi. Il Centro di ricerca sullo sviluppo, un organo del Consiglio di Stato, ha fissato al 2032 l’anno del probabile sorpasso a danno degli Stati Uniti. Secondo un recente studio del Japan Center for Economic Research di Tokyo, la Cina diventerà la prima economia al mondo nel 2033.

Alla base dell’ottimistica previsione di Lin vi è la valutazione che Pechino ha ancora un grande potenziale economico inespresso, che le potrebbe far guadagnare 2-3 punti percentuali di Pil in più rispetto agli Usa nei prossimi anni. L’accademico sostiene da tempo che il gigante cinese possa crescere dell’8% all’anno fino al 2035; l’obiettivo stabilito dal governo per il 2022 è però un +5,5%, comunque superiore alla previsione di un +4,8% del Fondo monetario internazionale.

Oltre agli effetti recessivi del Covid-19, a danneggiare il potenziale di crescita cinese è soprattutto la normativa anti-monopolio imposta da Xi sui giganti nazionali dell’hi-tech e su altri grandi gruppi privati: una stretta che si stima rallenterà la crescita della produttività lavorativa in Cina. Sulla crescita del Pil peseranno anche gli sforzi per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione nella lotta ai cambiamenti climatici. A ciò si aggiunge il pericolo bancarotta per colossi immobiliari come Evergrande e le restrizioni finanziare introdotte dal governo per contenere gli investimenti nell’edilizia, un settore finora trainante dell’economia nazionale.

Tra gli operatori finanziari in Cina ha destato poi una certa preoccupazione la vendita da parte di investitori stranieri di obbligazioni cinesi per un totale di 10,6 miliardi di dollari. Il disimpegno è avvenuto lo scorso mese in coincidenza con lo scoppio del conflitto russo-ucraino. Esperti non escludono che la mossa sia stata compiuta da banche russe in cerca di liquidità: in risposta all’aggressione russa dell’Ucraina, Usa ed Europa hanno congelato buona parte delle riserve in valuta estera della Banca centrale russa.