Patriarca caldeo: "Nessun cristiano vuole lasciare l'Iraq per sempre"

Il patriarca Emmanuel III Delly ammette la "miserabile" situazione del Paese, ma sostiene che l'emigrazione tocca molto di più i musulmani: numerosi cristiani scelgono di rimanere e lavorano per essere costruttori di pace.


Baghdad (AsiaNews) – La "miserabile e tragica" situazione dell'Iraq porta ogni iracheno a desiderare un posto più sicuro, ma "quasi nessuno tra i cristiani vuole lasciare il suo Paese in modo definitivo" e l'emigrazione è un fenomeno che "tocca molto di più i musulmani". Nel susseguirsi di notizie su autobomba e attacchi a simboli religiosi nel Paese il patriarca caldeo Emmanuel III Delly assicura che non si può parlare di diaspora per la comunità cristiana locale. AsiaNews ha raggiunto telefonicamente il patriarca a Baghdad, dove oggi è in vigore un coprifuoco diurno per evitare nuove violenze nel giorno di preghiera.

Delly riconosce: "Molti emigrano a causa della gravissima situazione in cui tutti, a partire da me, viviamo e che in queste ultime settimane sembra peggiorata". "Si tratta di cristiani e musulmani, ma il fenomeno tocca molto di più questi ultimi". Allo stesso tempo il patriarca avverte: "Non dobbiamo esagerare".

Egli spiega che "numerosi cristiani scelgono semplicemente di andare al nord, più sicuro, nei loro villaggi d'origine, dove magari hanno ancora una casa e dei partenti". "Partono da Baghdad o Bassora e si trattengono per due settimane o un mese, aspettano che nelle loro città scenda la tensione e poi vi ritornano e riprendono a lavorare".

Secondo il patriarca "gli emigrati cristiani esistono ed è innegabile: molti cercano riparo in Giordania, Turchia, Libano, altri raggiungono i parenti negli Usa, in Europa". "Tutti vogliono avere un posto più sicuro, ma quasi nessuno - assicura - vuole lasciare la sua patria in modo definitivo, ad esempio chiedendo asilo politico in altri Stati" (la richiesta di asilo politico implica l'impossibilità di tornare al Paese di origine, ndr).

Il rappresentante della Chiesa irachena è convinto che "gli attacchi in atto in Iraq non sono contro i cristiani in quanto tali, la situazione è in generale per tutti tragica e forse di più tra i musulmani".

"La situazione è miserabile e difficile – sottolinea – ma lo è per tutti i iracheni". Per questo, spiega Delly, come "capo dei cristiani nel Paese difendo la mia comunità e cerco allo stesso tempo di lavorare per la pace, di trovare una via per la riconciliazione". E lo stesso impegno è espresso anche dai fedeli: "Molti vengono da me con il proposito di voler essere elementi di pace nel Paese, rifiutando le paure che spingono invece a partire. Dobbiamo difendere la libertà e il caos non è libertà".

A fine gennaio, in un incontro tra i leader religiosi cristiani del nord, si è ribadita la "generale situazione di pericolo per la comunità". Cifre esatte sull'emigrazione cristiana dall'Iraq non sono disponibili. Alcuni rappresentanti religiosi ritengono che da agosto a ottobre 2004 abbiano lasciato l'Iraq tra i 10 mila e i 40 mila cristiani. In tutto la comunità cristiana conta circa 800 mila persone.