Colombo, Rajapaksa non vuole dimettersi
di Melani Manel Perera

Non si sblocca la situazione politica nello Sri Lanka da giorni scosso dalle proteste: le opposizioni rifiutano l'ipotesi di un governo di unità nazionale senza un passo indietro del presidente, che non ha più la maggioranza in parlamento. Marcia di potesta silenziosa del clero e dei religiosi dell'arcidiocesi di Colombo guidata dal cardinale Ranjith: "Si ascolti la voce della gente".  


Colombo (AsiaNews) - Si prolunga senza apparenti sbocchi la crisi economica e politica che sta mettendo in ginocchio lo Sri Lanka. Oggi il capogruppo della coalizione di governo Johnston Fernando ha dichiarato ufficialmente che il presidente Gotabaya Rajapaksa “non si dimetterà dal suo incarico in nessuna circostanza". Parole che arrivano, però, da un blocco politico che ha perso la maggioranza in parlamento, dopo che i 41 deputati dello Sri Lanka Freedom Party dell’ex presidente Maithripala Sirisena hanno annunciato che non fanno più parte della coalizione.  

Le opposizioni avevano già rifiutato l’offerta di Rajapaksa di entrare in un governo di unità nazionale, chiedendo invece le sue dimissioni. Lo Sri Lanka – da settimane scosso dalle proteste per la mancanza di generi di prima necessità – resta dunque senza un esecutivo, dopo che domenica tutti i ministri (ad eccezione del premier Mahinda Rajapaksa, il fratello del presidente) hanno rassegnato le dimissioni. Intanto è stato revocato il coprifuoco, che era stato decretato il 1 aprile per fermare le proteste. 

A fronte di questa grave crisi il clero e i religiosi dell'arcidiocesi di Colombo hanno tenuto il 5 aprile una protesta silenziosa. Un gesto per chiedere al governo di "ascoltare la voce della gente" e insieme una preghiera per il Paese e di solidarietà con le persone colpite.  Alla marcia di protesta hanno partecipato anche il cardinale Malcolm Ranjith insieme ai vescovi ausiliari di Colombo Maxwell Silva, Anthony Jayakody e Anton Ranjith. I sacerdoti e i religiosi hanno recitato il rosario tenendo cartelli scritti in sinhala, inglese e tamil, in cui venivano denunciati i problemi che la gente sta attraversando.

Al termine della marcia il portavoce dell'arcidiocesi di Colombo, p. Camillus Fernando, rivolgendosi ai media ha detto che lo Sri Lanka ha perso molti buoni potenziali leader a causa del terrorismo e di una politica miope; la loro mancanza oggi si sente. "Questo - ha aggiunto - è un Paese con una popolazione molto istruita. Pertanto, esortiamo i governanti a selezionare le persone giuste e ad adottare provvedimenti per riprendersi da questa pericolosa situazione".

Anche il Kithudana Pubuduwa - la comunità carismatica dello Sri Lanka - ha tenuto una marcia di preghiera nella diocesi di Chilaw. Ricordando come lo Sri Lanka sia un Paese nutrito dalle quattro religioni del buddismo, cristianesimo, islam e induismo, è stato rivolto l’invito a “seguire correttamente gli insegnamenti di queste religioni per ricostruire di nuovo il Paese". Un’altra protesta promossa dalle Chiese Metodiste di Colombo si è tenuta oggi con al centro lo slogan "Parla per coloro che non possono parlare".