Colombo, Rajapaksa decreta lo stato d'emergenza contro sciopero generale
di Melani Manel Perera

Per la seconda volta in poche settimane il presidente ricorre al pugno di ferro per disperdere i manifestanti che chiedono le dimissioni del governo per la gravissima crisi economica. Ieri l'intera isola si è fermata per la massiccia adesione alla protesta indetta da oltre 1000 organizzazioni sindacali di ogni settore.


Colombo (AsiaNews) - Il presidente Gotabaya Rajapaksa ha dichiarato nuovamente lo stato di emergenza per fare fronte all'intensificarsi delle proteste contro il suo governo alle prese con la più grave crisi economica della storia recente del Paese. La mossa di Rajapaksa è arrivata dopo il massiccio sciopero generale di 24 ore proclamato da oltre 1000 organizzazioni sindacali che ha visto il 6 maggio l’intera isola fermarsi per ribadire la richiesta di dimissioni del presidente e del primo ministro.

Rajapaksa - al contrario - sembra voler continuare a rispondere con il pugno di ferro: dopo una riunione d’urgenza del governo è stata ripristinata la misura drastica a partire dalla mezzanotte. Lo stato di emergenza era già stato adottato il 1 aprile scorso per disperdere le prime grandi manifestazioni ed era rimasta in vigore allora per cinque giorni. Ieri ci sono già state cariche della polizia con gas lacrimogeni e idranti nei pressi del parlamento, dove gli universitari avevano allestito un presidio di protesta. Il governo – guidato da Mahinda Rajapaksa, il fratello del presidente - non ha più i numeri in parlamento e due mozioni di sfiducia sono già state depositate per essere discusse.

Lo sciopero del 6 maggio è stato il blocco più imponente delle attività nello Sri Lanka negli ultimi anni: trasporti, banche, servizi pubblici, scuole, aziende energetiche sono state fermate dalla protesta. Anche l'Associazione degli infermieri, l'Unione dei funzionari della sanità pubblica, i sindacati della pesca e il sindacato postale si sono uniti allo sciopero: la popolazione era stata avvisata di non recarsi presso gli ospedali se non per le emergenze.

Alle manifestazioni hanno preso parte anche molti rappresentanti del clero cristiano. Alcuni dimostranti nella città di Jaela hanno commentato ad AsiaNews: "Il presidente e il primo ministro stanno ancora succhiando il nostro sangue innocente. Hanno rovinato la nostra e le prossime due o tre generazioni". I promotori della giornata di protesta hanno anche minacciato di far ripartire lo sciopero dall'11 maggio, questa volta a oltranza, se il presidente e il governo non presenteranno le dimissioni.