Il Karnataka vuol far entrare in vigore d'urgenza la legge anti-conversioni
di Nirmala Carvalho

Il primo ministro locale al governatore: sia promulgata senza attendere il voto della Camera alta del parlamento. Diventerebbe il decimo Stato indiano ad adottare il provvedimento utilizzato contro le attività dei cristiani. L'appello dell'arcivescovo di Bangalore: "Verrà utilizzata da frange estremiste per seminare discordia, il governatore non la approvi". Dove e da quando sono in vigore questi provvedimenti bandiera dei nazionalisti indù nei singoli Stati indiani.


Bangalore (AsiaNews) – Il governo locale dello Stato indiano del Karnataka vuole forzare la mano sulla legge anti-conversioni, facendola entrare in vigore con una procedura d’urgenza attraverso un’ordinanza del governatore, prima ancora che venga approvata dallo State Legislative Council, la Camera alta del parlamento bicamerale del Karnataka. A denunciarlo è - con un appello diffuso oggi - l’arcivescovo di Bangalore, mons. Peter Machado, che è anche presidente dell’All Karnataka United Christian forum for Human Rights.

Governato dai nazionalisti indù del Bjp, il Karnataka diventerebbe il decimo territorio indiano nel quale entrerebbe in vigore il provvedimento bandiera utilizzato dai fondamentalisti indù contro i cristiani, per “arginare” un proselitismo che alla prova dei fatti è inesistente: in India non è in atto nessun grande mutamento negli equilibri tra le diverse confessioni religiose. In Karnataka - uno Stato indiano di circa 61 milioni di abitanti - i cristiani sono stabili intorno al 2% della popolazione, contro l’84% di fedeli indù e il 13% di musulmani. Percentuali simili a quelle nazionali. Eppure nella narrazione dei nazionalisti indù la rappresentazione di un nemico al lavoro per minare l’identità indù è funzionale ai propri obiettivi politici. Così proprio in Karnataka negli ultimi tempi si sono moltiplicate le accuse di attività di “conversioni forzate”, in concomitanza con la discussione locale sulla legge anti-conversioni.

Approvato in dicembre da un ramo del parlamento locale, il provvedimento propugnato dal Bjp deve ancora terminare il suo iter legislativo, con la discussione al Senato locale. Ma il primo ministro Basavaraj Bommai, un esponente del partito del premier Modi, ha chiesto al governatore Thawar Chand Gehlot (l’autorità cui spetta il compito di promulgare le leggi) di farlo entrare in vigore subito con un’ordinanza, senza nemmeno attendere la conclusione della discussione. L'accelerazione è legata anche al fatto che presto il Karnataka potrebbe andare a nuove elezioni locali.

“Si tratta di un fatto triste - scrive mons. Machado in una nota - e sicuramente inciderà sulle relazioni armoniose che intratteniamo con i membri di tutte le comunità del Karnataka. Non ci sono stati incidenti né di conversione né di aggressione contro la comunità. Non riusciamo a capire l'improvvisa svolta degli eventi e che cosa abbia in mente il governo con l'ordinanza, ma non c'è dubbio che alcune frange estremiste cercheranno di creare problemi ai membri della nostra comunità, come abbiamo già visto in passato e il governo non è in grado di controllarli”.

“Nella giusta tradizione democratica - continua l’arcivescovo di Bangalore -  i membri della comunità cristiana si appellano al governatore affinché non dia il suo assenso alla legge, data la natura del coinvolgimento della comunità cristiana nel più ampio sviluppo dello Stato e della Comunità in materia di istruzione, assistenza sanitaria e sociale. Siamo cittadini rispettosi della legge e riponiamo la nostra fiducia nel governo per proteggere i nostri interessi e le nostre preoccupazioni. Non abbiamo alcuna difficoltà di fronte a interventi del governo contro qualsiasi eccesso o attività illecita che siano riscontrabili con prove concrete. Speriamo che il governatore, che è il capo dello Stato - conclude mons. Machado - ascolti il nostro appello e risponda alle nostre preoccupazioni non approvando il disegno di legge anti-conversione in Karnataka”.

Con il Karnataka diventerebbero 10 i territori indiani nei quali vigono le leggi anti-conversione. Il primo ad adottarle fu l’Orissa già nel 1968, seguirono Madhya Pradesh (1968) e Arunachal Pradesh (1978). Ma è stato soprattutto con la grande ascesa del Bjp negli anni Duemila che questi provvedimenti si sono estesi e spesso sono stati addirittura poi rafforzati in Chhattisgarh (2000), Gujarat (2003), Himachal Pradesh (2006), Jharkhand (2017), Uttarakhand (2018) e Uttar Pradesh (2020). In quest’ultimo caso - che riguarda il più popoloso tra gli Stati indiani, il cui governo è guidato dal monaco indù Yogi Adityanath - il provvedimento è in vigore in forma di ordinanza emanata dal governatore su proposta del governo, come vorrebbe fare oggi anche il Karnataka. Nell’Himachal Pradesh e nell’Uttarakhand - inoltre - la legge locale specifica che persino un matrimonio può essere considerato una forma di conversione forzata.

Leggi anti-conversione in passato erano state approvate anche dal Tamil Nadu nel 2002 e dal Rajasthan nel 2006, ma nel primo caso fu poi cancellata quattro anni dopo sull’onda delle proteste della comunità cristiana, mentre nel secondo fu il governatore locale a non dare mai il suo assenso alla promulgazione.