Dili: insediato il presidente José Ramos-Horta
di Stefano Vecchia

Tra i fondatori del movimento indipendentista, oggi è tornato a ricoprire la carica dopo aver vinto le elezioni del 19 marzo con il 62% delle preferenze. Tante però le sfide che dovrà affrontare, dallo sviluppo delle infrastrutture alla pacificazione del Paese.


Milano (AsiaNews) - Nella giornata in cui ricorre il 20° anniversario dell’indipendenza, a Timor Est si è insediato il suo 7° presidente, José Ramos-Horta. Tra i fondatori del movimento indipendentista attivo prima contro i portoghesi e poi contro gli indonesiani, Ramos-Horta è stato insignito nel 1996 del Nobel per la Pace, condiviso con l’allora amministratore apostolico di Dili, monsignor Carlos Felipe Ximenes Belo. Dopo la nascita della Repubblica ne è stato il primo ministro degli Esteri, per poi diventare primo ministro tra il 2006 e il 2007 e capo dello Stato tra il 2007 e il 2012.

Annoverato tra le personalità più aperte e cosmopolite tra quelle della “vecchia guardia” della politica timorese, il 72enne Ramos-Horta gode del prestigio ottenuto durante la guerra di liberazione, ma anche di buoni rapporti con la gerarchia ecclesiale in quello che è uno dei soli due Paesi a maggioranza cattolica del continente asiatico (l’altro sono Filippine).

Rapporti amichevoli confermati anche dopo le elezioni del 19 marzo dall’incontro che il presidente - eletto con il 62 per cento delle preferenze - ha avuto il 27 aprile con la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale, con la quale si è impegnato a collaborare nella ricerca di soluzioni nei settori “della giustizia, dei diritti umani e sociali, dell’educazione e dello sviluppo nazionale”.

Proprio quella dello sviluppo è una delle due sfide che il nuovo capo dello Stato dovrà affrontare in un Paese che, secondo dati Onu del 2020, resta 141mo su 187 per indice di sviluppo umano. Sono ancora forti le carenze nelle infrastrutture e settori-chiave come agricoltura, istruzione e sanità sono ancora molto arretrati. L’altra sfida è sicuramente quella della pacificazione nazionale: la mancata convergenza su obiettivi condivisi dalle parti politiche, fazioni, etnie e personalità del Paese ha contribuito in modo determinante a tenere la minuscola nazione (15mila chilometri quadrati) e i suoi 1,3 milioni di abitanti nell’insicurezza e nell’arretratezza, nonostante la presenza di importanti giacimenti di gas e idrocarburi al largo delle sue coste, e dell’invio di consistenti aiuti internazionali.