Fukushima, risarcimenti ridotti per chi fu costretto a lasciare le case
di Guido Alberto Casanova

Di fronte alle richieste di danni degli abitanti del villaggio di Miyakoji il tribunale di Koriyama ha attribuito le responsabilità alla sola Tepco, la società che gestiva l'impianto, scagionando il governo giapponese. Intanto la prefettura di Shimane ha deciso di rimettere in funzione un'altra centrale. Entro il 2030 Tokyo vuole tornare a un 20% di energia prodotta da impianti nucleari.


Tokyo (AsiaNews) - Il tribunale di Koriyama - appartenente alla corte distrettuale di Fukushima - la settimana scorsa è stato chiamato a esprimersi su una delle tante azioni legali iniziate dopo il tragico incidente alla centrale nucleare Daiichi di Fukushima, avvenuto l’11 marzo 2011. Il verdetto è arrivato giovedì ma non ha suscitato entusiasmo. 

Il caso coinvolge i residenti del villaggio di Miyakoji, che si trova ad appena 20 km dalla centrale. Nelle settimane successive al disastro nucleare, gli abitanti del villaggio sono stati evacuati dalle loro case. A seguito dell’incidente e dell’evacuazione 525 abitanti hanno deciso intraprendere un’azione legale contro il governo e la Tokyo Electric Power Company (TEPCO, che gestiva l’impianto di Fukushima) per chiedere ognuno 11 milioni di yen (circa 77mila euro) di risarcimento per danni psicologici. Il totale ammontava a poco meno di 6 miliardi di yen (42 milioni di euro).

La sentenza del tribunale però li ha lasciati delusi. Il giudice che ha letto il verdetto ha riconosciuto il diritto dei residenti a ricevere un risarcimento per la sofferenza emotiva causata dalla prolungata evacuazione e per l’ansia da esposizione alle radiazioni, fissando la cifra del compenso individuale a 2 milioni di yen per un totale di circa 1,2 miliardi di yen. Tuttavia, il tribunale ha identificato come responsabile solamente TEPCO e non il governo: l’entità del disastro naturale era troppo grande per poter essere prevista e “anche se il governo avesse esercitato la sua autorità regolatoria e TEPCO avesse preso adeguate misure, non sarebbe comunque stato possibile impedire che lo tsunami provocasse l’incidente”, ha detto il giudice. Inoltre, considerando che ognuno degli individui coinvolti nel processo dopo l’evacuazione ha già ricevuto da TEPCO una somma mensile di 100.000 yen fino ad agosto 2012, il verdetto stabilisce che la somma complessiva che la società elettrica giapponese dovrà pagare ai 525 querelanti è ridotta a 73,5 milioni di yen in totale (518mila euro). Durante la conferenza stampa che è seguita alla sentenza, gli abitanti di Miyakoji hanno detto che valuteranno il ricorso.

La vicenda è solo una delle molteplici battaglie legali attualmente in corso in Giappone per chiedere giustizia per quanto successo a Fukushima ormai 11 anni fa. Attualmente ci sono 30 azioni legali da parte di cittadini evacuati dalle zone attorno a Fukushima e pochi mesi fa la Corte suprema si è espressa a sostegno del loro diritto a ricevere un risarcimento.

Il nucleare è un tema molto delicato in Giappone, che suscita forti reazioni emotive tra la popolazione. La percezione delle centrali è drasticamente peggiorata dopo il disastro di Fukushima ma alcuni sondaggi condotti quest’anno hanno registrato una maggiore accettazione dell’energia nucleare. La complessità della questione è emersa chiaramente nell’ultima settimana. Da una parte un tribunale distrettuale ha bloccato la riapertura di una centrale nucleare a Hokkaido su impulso dei residenti, preoccupati per la sicurezza dell’impianto. Dall’altra, il governatore della prefettura di Shimane ha deciso di rimettere in funzione la centrale che si trova a meno di 10 km dal capoluogo dove abita quasi mezzo milione di persone.

Nonostante i controversi sentimenti che genera nella popolazione, sul nucleare il governo giapponese non ha dubbi. Entro il 2030 il 20% dell’energia elettrica prodotta nel Paese dovrà essere di origine nucleare.