Papa sulla liturgia: abbandoniamo le polemiche, ripartiamo dalla bellezza

Si intitola "Desiderio desideravi" una nuova lettera apostolica di Francesco sulla formazione liturgica del popolo di Dio. Nel testo l'invito a guardarsi da un estetismo rituale che si compiace solo nella cura della forma esteriore del rito, ma anche da una sciatta banalità e da una ignorante superficialità. La sfida per tutti è tornare a far parlare davvero i simboli all'uomo di oggi, coltivando l'arte del celebrare a partire dal silenzio.


Città del Vaticano (AsiaNews) – Una lettera apostolica rivolta al popolo di Dio, per “invitare tutta la Chiesa a riscoprire, custodire e vivere la verità e la forza della celebrazione cristiana”. Presenta così papa Francesco il nuovo documento sulla formazione liturgica del popolo di Dio Desiderio desideravi (“Ho desiderato vivamente” Lc 22,15 ndr) diffuso oggi nella solennità dei Santi Pietro e Paolo. Una meditazione del papa sull’arte del celebrare nella Chiesa, che vuole essere un invito a superare le polemiche sulle forme per andare al cuore dell’Eucaristia, che è l’incontro con Gesù. Perché “a noi non serve un vago ricordo dell’Ultima Cena: noi abbiamo bisogno di essere presenti a quella Cena”.

La lettera apostolica “Desiderio desideravi” rielabora in 65 paragrafi le riflessioni emerse nella plenaria tenuta dal dicastero del Culto divino nel febbraio 2019 e segue il motu proprio “Traditionis custodes” con cui nel luglio 2021 papa Francesco ha regolato in maniera restrittiva l’uso del rito precedente alla Riforma liturgica del 1970, seguita al Concilio Vaticano II. “Vorrei che la bellezza del celebrare cristiano e delle sue necessarie conseguenze nella vita della Chiesa - scrive il pontefice - non venisse deturpata da una superficiale e riduttiva comprensione del suo valore o, ancor peggio, da una sua strumentalizzazione a servizio di una qualche visione ideologica, qualunque essa sia”.

“La continua riscoperta della bellezza della liturgia - prosegue - non è la ricerca di un estetismo rituale che si compiace solo nella cura della formalità esteriore di un rito o si appaga di una scrupolosa osservanza rubricale”. Questo non significa che possa essere accettabile l’atteggiamento opposto “che confonde la semplicità con una sciatta banalità, l’essenzialità con una ignorante superficialità, la concretezza dell’agire rituale con un esasperato funzionalismo pratico”. “Ogni aspetto del celebrare – continua il papa - va curato (spazio, tempo, gesti, parole, oggetti, vesti, canto, musica, ...) e ogni rubrica deve essere osservata: basterebbe questa attenzione per evitare di derubare l’assemblea di ciò che le è dovuto, vale a dire il mistero pasquale celebrato nella modalità rituale che la Chiesa stabilisce. Ma anche se la qualità e la norma dell’azione celebrativa fossero garantite, ciò non sarebbe sufficiente per rendere piena la nostra partecipazione”.

Vivere la bellezza della liturgia per Francesco significa piuttosto lasciarsi guidare dallo stupore di fronte al “mistero pasquale”. Che è molto di più di un “fumoso” e generico “senso del mistero” che talvolta i detrattori della riforma liturgica - ricorda il pontefice - accusano di aver eliminato dalla celebrazione. “Lo stupore di cui parlo - spiega - non è una sorta di smarrimento di fronte ad una realtà oscura o ad un rito enigmatico, ma è, al contrario, la meraviglia per il fatto che il piano salvifico di Dio ci è stato rivelato nella Pasqua di Gesù”.

Nella lettera apostolica Francesco torna a richiamare l’unità profonda tra le 4 grandi Costituzioni del Concilio Vaticano II. “Sarebbe banale - scrive - leggere le tensioni, purtroppo presenti attorno alla celebrazione, come una semplice divergenza tra diverse sensibilità nei confronti di una forma rituale. La problematica è anzitutto ecclesiologica. Non vedo come si possa dire di riconoscere la validità del Concilio e non accogliere la riforma liturgica nata dalla Sacrosanctum Concilium che esprime la realtà della liturgia in intima connessione con la visione di Chiesa mirabilmente descritta dalla Lumen gentium”.

Oltre le polemiche spiega Francesco la vera sfida della liturgia oggi è quella che indicava già il teologo Romano Guardini: far sì che l’uomo diventi nuovamente capace di simboli. “Questo impegno riguarda tutti, ministri ordinati e fedeli – commenta -. E non è facile perché l’uomo moderno è diventato analfabeta, non sa più leggere i simboli, quasi non ne sospetta nemmeno l’esistenza. La domanda che ci poniamo è, dunque, come tornare ad essere capaci di simboli? Come tornare a saperli leggere per poterli vivere?”. Per rispondere secondo il pontefice l’esempio migliore è guardare a come noi stessi siamo stati iniziati dai nostri genitori, dai nonni o da qualche sacerdote al segno della Croce e agli altri gesti della liturgia: “Non servono troppi discorsi, non è necessario aver compreso tutto di quel gesto: occorre essere piccoli sia nel consegnarlo sia nel riceverlo. Il resto è opera dello Spirito”.

Altrettanto importante è curare l’arte del celebrare, che non è compito solo del sacerdote ma di tutta la comunità che partecipa all’Eucaristia e che dunque va adeguatamente formata. “Non può essere ridotta alla sola osservanza di un apparato rubricale - ammonisce - e non può nemmeno essere pensata come una fantasiosa – a volte selvaggia – creatività senza regole. Il rito è per se stesso norma e la norma non è mai fine a se stessa, ma sempre a servizio della realtà più alta che vuole custodire”. L’arte del celebrare “non si impara frequentando un corso di public speaking o di tecniche di comunicazione persuasiva”; non si tratta nemmeno “di dover seguire un galateo liturgico: si tratta piuttosto di una ‘disciplina’ che, se osservata con autenticità, ci forma: sono gesti e parole che mettono ordine dentro il nostro mondo interiore facendoci vivere sentimenti, atteggiamenti, comportamenti”. E in questa disciplina un'importanza fondamentale - ricorda Francesco - lo ha l'educazione al silenzio "che suscita l'ascolto della Parola e la preghiera; dispone all'adorazione del Corpo e del Sangue di Cristo". 

Al sacerdote chiamato a presiedere la liturgia il papa indica, poi, alcune tentazioni da cui guardarsi: “Rigidità austera o creatività esasperata; misticismo spiritualizzante o funzionalismo pratico; sbrigatività frettolosa o lentezza enfatizzata; sciatta trascuratezza o eccessiva ricercatezza; sovrabbondante affabilità o impassibilità ieratica. Pur nell’ampiezza di questa gamma, penso che l’inadeguatezza di questi modelli abbia una comune radice: un esasperato personalismo dello stile celebrativo che, a volte, esprime una mal celata mania di protagonismo”. In questo senso il pontefice chiede una particolare attenzione anche riguardo alla formazione e alla vita liturgica nei seminari, con una "impostazione liturgico-sapienziale della formazione teologica".

La lettera si conclude con un invito: “Abbandoniamo le polemiche per ascoltare insieme che cosa lo Spirito dice alla Chiesa, custodiamo la comunione, continuiamo a stupirci per la bellezza della liturgia. Ci è stata donata la Pasqua, lasciamoci custodire dal desiderio che il Signore continua ad avere di poterla mangiare con noi. Sotto lo sguardo di Maria, Madre della Chiesa”.