Un vescovo per i migranti filippini nel mondo

Oltre 200 vescovi, sacerdoti e laici riuniti a Tagaytay per la conclusione della fase nazionale del Sinodo voluto da papa Francesco. Intanto la Conferenza episcopale discute la proposta di richiedere al Vaticano l’istituzione di una “prelatura personale” per i 10 milioni di filippini che lavorano fuori dal Paese.


Manila (AsiaNews) - Il percorso sinodale voluto da papa Francesco è giunto alla sua fase conclusiva nelle Filippine: da oggi e fino al 7 luglio 200 tra vescovi, sacerdoti e laici delegati da tutte le diocesi sono riuniti a Tagaytay, a sud di Manila, per l’incontro nazionale che raccoglie le riflessioni compiute localmente ed elaborerà la sintesi che verrà inviata a Roma, in vista dell’Assemblea sinodale dell’ottobre 2023, che riunirà i vescovi di tutto il mondo.

Aprendo i lavori mons. Pablo Virgilio David, vescovo di Kalookan e presidente della Conferenza episcopale, ha invitato la Chiesa filippina a cogliere l’occasione del Sinodo per uscire dal Cenacolo e “aprire le sue porte”, soprattutto ai poveri e agli ultimi. “Il nostro metodo per questa assemblea è guarda, ascolta e ama - ha detto - un modo più evangelico per dire vedere, giudicare e agire. Durante questo sinodo, ci stiamo prendendo del tempo per guardare da vicino e riconoscere le nostre paure, le nostre ferite e i nostri paraocchi, per ascoltare attentamente, selezionando le molte voci discordanti che sentiamo per discernere quelle che ci portano alla pace, alla gioia e alla guarigione. Identificheremo le porte che devono essere aperte per poter andare avanti insieme sulla via dell'amore, la via di Gesù, la via della croce e della resurrezione”.

“Questo sinodo – ha aggiunto mons. David - ci ha permesso di dare un nome ai molti abissi o divari che ci hanno tenuto separati nella società così diseguale che abbiamo costruito in questo mondo moderno. La buona notizia è che i divari che nella parabola di Abramo e del povero Lazzaro venivano descritti come incolmabili, possono ora essere attraversati dal nostro più grande costruttore di ponti. Infatti, attraverso la sua croce, la sua passione e la sua morte, Gesù è diventato ‘come un ponte su acque agitate’. È così che la Chiesa, sia locale che universale, è invitata a partecipare alla missione”.

A creare ponti in grado per accorciare le distanze guarda, però, anche un’idea che i vescovi filippini discuteranno nella loro plenaria, in programma dal 9 luglio al termine dei lavori dell’Assemblea sinodale. Dopo due anni di studio è infatti all’ordine del giorno la proposta di richiedere al Vaticano l’istituzione di una “prelatura personale” per i migranti filippini nel mondo. Secondo questa ipotesi a un vescovo filippino verrebbe affidata la cura pastorale degli oltre 10 milioni di connazionali (quasi il 10% della popolazione complessiva delle Filippine) che hanno lasciato il Paese per andare a lavorare in ogni angolo del mondo. Questa speciale “diocesi senza confini” avrebbe un suo clero opportunamente formato che seguirebbe i migranti filippini nel mondo.

Se i vescovi decideranno di approvare la proposta e il Vaticano darà il suo assenso si tratterebbe della prima istituzione di questo tipo nella Chiesa cattolica.