Gli ortodossi ucraini sulla via della riconciliazione
di Vladimir Rozanskij

Aperto il dialogo tra la Chiesa autocefala e quella ortodossa che di recente si è staccata dal Patriarcato di Mosca. Rimangono punti di disaccordo. I personalismi rischiano di far deragliare il processo di avvicinamento. I greco-cattolici osservano interessati.


Mosca (AsiaNews) – Si è tenuto a Kiev, nel palazzo del Metropolita presso la storica cattedrale di Santa Sofia, il primo incontro di dialogo ufficiale tra le delegazioni della Chiesa ortodossa ucraina autocefala (Pzu) e della Chiesa ortodossa di Ucraina del Patriarcato di Mosca (Upz), che ha di recente interrotto le relazioni con la Chiesa madre russa, senza ancora definire il suo status giuridico-ecclesiastico.

L’incontro, durato tre ore, si è potuto realizzare grazie alla mediazione del Servizio statale per le questioni di politica etnica e libertà di coscienza (Gess), come ha comunicato sulle reti social il sacerdote della Pzu Andrej Dudčenko: “È stato bello rivedere dei vecchi amici, e conoscerne di nuovi”, ha aggiunto il religioso. In tutto si sono radunati 21 sacerdoti delle due giurisdizioni, e il dialogo è stato moderato dalla dirigente del Gess Elena Bogdan.

Lo scopo del colloquio era “evidenziare anzitutto quello che unisce, che è molto di più di quello che divide” le due Chiese nazionali. Si è dunque riconosciuto di avere “una fede comune e comuni tradizioni teologiche, liturgiche e canoniche”, oltre alla storia comune in cui peraltro “ci si distingue nelle valutazioni di alcuni avvenimenti”, per cui si rende necessario un lavoro di revisione e rilettura di tutta la storia religiosa dell’Ucraina.

Soprattutto ciò che oggi unisce le due comunità è la condanna della “posizione distruttiva” del Patriarcato di Mosca, che ha sostenuto la guerra russa in Ucraina. Per il resto “ci sono molti problemi comuni”, essendo entrambe le Chiese nate dalla separazione da quella russa. Si è sottolineata l’insufficienza nella preparazione del clero e dei vescovi, e un “eccesso di bizantinismo” nell’accentuazione quasi esclusiva del ritualismo e dell’enfasi negli attributi riconosciuti alle autorità del potere civile.

Una conclusione condivisa è la “necessità di far rinascere la tradizione kieviana, nella liturgia come nell’arte ecclesiastica, nell’architettura e nella formazione del clero e dell’episcopato”, ricordando la grande eredità dell’Accademia Teologica Mogiliana, risalente al fondatore, il metropolita di Kiev Petro Mogila di inizio Seicento.

Perlomeno, hanno convenuto i sacerdoti dei due gruppi, “è indispensabile astenersi dall’usare un linguaggio ostile reciproco”. Dal 1992, quando il metropolita Filaret (Denisenko) ha deciso di staccarsi da Mosca auto-proclamandosi patriarca di Kiev, le tensioni tra le due giurisdizioni non sono infatti mai mancate. Le due parti si sono contese chiese e monasteri, accusandosi reciprocamente di tradimento ed eresia. Il nuovo distacco da Mosca non cancella automaticamente queste ostilità a lungo coltivate, e spesso molto personalizzate.

Nel recente Sinodo di Feofania, la Chiesa Upz ha infatti dichiarato di non ritenersi più legata al patriarcato di Mosca, ma non è stata presa alcuna posizione nei confronti dei “fratelli” della Pzu, e molti vescovi, sacerdoti, monaci e fedeli rimangono decisamente contrari a una riunione. Alcuni mantengono la fedeltà alla Russia, come ovviamente nelle zone occupate del Donbass, per non parlare dell’annessa Crimea che ha dichiarato il suo totale rientro nel patriarcato moscovita. In molti altri casi, pur nella contrarietà all’invasione russa, rimangono sentimenti contrastanti di fedeltà alla tradizione e inimicizia verso la controparte.

Le parrocchie della Upz sono circa il doppio di quelle della Pzu (12mila contro 6mila, più o meno), ma molte chiese sono state sdoppiate e triplicate ad arte da Mosca negli scorsi anni, per accentuare la storica superiorità dei filo-russi. Rimane del tutto aperta la questione delle parrocchie all’estero, che cambiano giurisdizione con ancora più facilità di quelle in patria, e sullo sfondo c’è lo sguardo interessato dei greco-cattolici, che condividono le stesse tradizioni degli ortodossi, e sono pronti a partecipare a un dialogo ancora più ampio sull’integrazione nazionale del cristianesimo di tradizione bizantina.