Kabul, Onu: oltre 2mila morti e feriti dall'avvento dei talebani

L'ultimo rapporto della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan ha riportato esecuzioni extragiudiziali, torture e detenzioni arbitrarie negli ultimi 10 mesi. Anche se il livello della violenza si è ridotto la situazione umanitaria resta drammatica. Solo negli ultimi due mesi 27 suicidi connessi con difficoltà economiche. Una giornalista straniera costretta dall'intelligence talebana a scusarsi per i suoi articoli.


Kabul (AsiaNews) - Nonostante una “riduzione significativa” della violenza armata, negli ultimi 10 mesi in Afghanistan ci sono state oltre 2mila vittime civili e i diritti umani, soprattutto quelli di donne e bambine, non sono garantiti al popolo afgano. Lo afferma il rapporto pubblicato ieri dalla Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama) sulla situazione del Paese a quasi un anno dalla riconquista dei talebani. Ma la repressione delle libertà riguarda anche i giornalisti stranieri e negli ultimi due mesi ci sono stati almeno 27 suicidi - soprattutto di ragazze - legati alle terribili condizioni economiche in cui si trova il Paese.

Secondo i dati dell’Unama, dal dicembre 2008 al 15 agosto 2021 sono state uccise almeno 118.443 persone. Il periodo peggiore è stato il mese prima del ritiro del contingente internazionale a guida Usa, durante il quale la Missione Onu ha registrato il maggior numero di civili uccisi in un singolo periodo. 

Per fare un confronto, tra gennaio e metà agosto 2021 l’Unama ha segnalato 2.091 morti e 5.309 feriti, di cui il 40% donne e bambini, coinvolti soprattutto negli scontri tra talebani e forze governative afgane. Tra il 15 agosto 2021 e il 15 giugno 2022, invece, ci sono stati 700 civili uccisi e 1.406 feriti. In questo caso i responsabili sono stati perlopiù i miliziani del ramo locale dello Stato islamico (IS-K, dove “K” sta per provincia del Khorasan). Moschee, parchi, scuole e trasporti pubblici i luoghi in cui si sono verificati la maggior parte degli attacchi.

Con la fine della guerra e l’arrivo al potere dei talebani il livello della violenza nei confronti dei civili si è ridotto, però resta ancora elevato. Allo stesso tempo, nonostante le promesse delle autorità de facto (tra cui quella di garantire il diritto di istruzione alle ragazze o di concedere l'amnistia generale alle Forze di sicurezza del precedente governo), le violazioni dei diritti umani sono all’ordine del giorno.

Gli studenti coranici hanno fin da subito colpito gruppi specifici della società, tra cui i funzionari del governo afghano sostenuto dalla comunità internazionale e persone accusate di essere affiliate allo Stato islamico o di far parte della resistenza contro il regime talebano. Solo per dare qualche numero, si è trattato, negli ultimi 10 mesi, di 160 esecuzioni extragiudiziali, 178 arresti arbitrari e 56 casi di tortura di ex funzionari delle Forze di difesa e sicurezza nazionale del precedente governo. A queste violazioni si aggiungono almeno 18 esecuzioni extragiudiziali, 54 casi di tortura e 113 arresti arbitrari di persone parte del Fronte di resistenza nazionale, attivo soprattutto nelle province di Baghlan e del Panjshir. L’apparato di intelligence dei talebani, noto anche con il nome di Istikhbarat, ha commesso la maggior parte delle torture (molte delle quali hanno portato alla morte) e delle esecuzioni.

Si sono poi verificati almeno 217 casi di trattamenti inumani e degradanti per “crimini morali”: le persone sono state picchiate o frustate o in alcuni casi lapidate per non essere andate in moschea a pregare, per adulterio o per aver intrattenuto rapporto sessuali al di fuori del matrimonio. A supervisionare su queste attività è stato soprattutto il ministero talebano per la Promozione della virtù e la Prevenzione del vizio. 

Infine, dopo le limitazioni imposte alle libertà di espressione e di opinione, almeno 173 giornalisti e 65 attivisti sono stati vittime dei soprusi dei talebani. Anche i giornalisti stranieri sono obbligati a sottostare alle regole dell’Emirato islamico: la giornalista australiana Lynne O’Donnell aveva in un primo momento twittato delle scuse riguardo i suoi articoli sull’Afghanistan; una volta lasciato il Paese ha rivelato, sempre via Twitter, di essere stata costretta a farlo dall’intelligence talebana.

La situazione dei diritti umani è stata esacerbata da una crisi economica senza precedenti: oggi 6 milioni di persone in più rispetto all’inizio del 2021 hanno bisogno di assistenza umanitaria, esigenza che in totale riguarda il 59% della popolazione. Solo negli ultimi due mesi, almeno 27 persone si sono tolte la vita in diverse province del Paese. Secondo quanto riportato da Tolo News le ragioni che hanno spinto le persone a suicidarsi avevano a che fare soprattutto con condizioni di povertà e di difficoltà finanziaria.