Abusate e abbandonate, la lotta delle donne indiane dopo il divorzio con cittadini non residenti
di Alessandra De Poli

Spinti dalla società di origine a tornare in patria a sposarsi, gli indiani residenti all'estero portano con sé le mogli, che però, emigrate con visti diversi, non godono degli stessi diritti dei mariti. Abbandonate dopo il matrimonio, perdono spesso l'accesso ai figli e ai loro diritti di base. In India non esiste ancora una legge che obblighi gli uomini a comparire davanti a un giudice per i loro abusi.


New Delhi (AsiaNews) - Esiste una forma di abuso delle donne dell’Asia del Sud e del sud-est asiatico sempre più comune: gli abbandoni dopo il matrimonio. Si tratta di un fenomeno noto da tempo, in base al quale un uomo di origine indiana ma residente all’estero, dopo essersi impossessato della dote della moglie, divorzia da lei abbandonandola nel Paese di origine e privandola del visto e della possibilità di vedere i figli. Sono decine di migliaia le donne indiane che hanno subito questo tipo di violenza domestica negli ultimi anni. 

L’India è il Paese con una delle più ampie diaspore al mondo, con quasi 32 milioni di indiani residenti all’estero che ad un certo punto, per motivi culturali legati alla comunità di origine, tornano in patria in cerca di moglie. Alcune donne sono attratte dall’idea di sposare un “indiano non residente” (NRI) che potrebbe offrire loro migliori opportunità di vita all’estero, ma spesso quello che dovrebbe essere un finale da favola si trasforma in un incubo.

Gli abbandoni vanno spesso di pari passo con altre forme di violenza domestica: Priya, una ingegnere informatica che aveva seguito il marito in California, è stata sbattuta fuori di casa con un braccio rotto dopo un litigio. Non era riuscita a denunciare gli abusi alla polizia perché il marito minacciava di suicidarsi se ne avesse parlato con qualcuno. Tornati a Pune, in India, Priya è diventata l’ennesima vittima di abbandono transnazionale: il marito aveva preparato in segreto i documenti per il divorzio e ha fatto ritorno negli Stati Uniti da solo. Dopo una battaglia legale con i suoceri in India, Priya ha tentato la riconciliazione con il marito in California, ma questo non voleva più avere niente a che fare con lei. 

Nonostante i grandi passi avanti compiuti in termini di parità di genere, la cultura patriarcale indiana favorisce gli abusi domestici: una donna deve sottomettersi ai voleri del marito (e spesso della sua famiglia di origine), ma una volta abbandonata è considerata dalla società indiana “merce avariata”. Il pagamento di una dote, reso illegale nel 1961, in realtà avviene ancora, ma secondo modalità più sofisticate, come per esempio attraverso l’acquisto di una casa in cui poi vivranno i novelli sposi. Secondo un’indagine condotta all’interno di una comunità di indiani residenti in America, oltre la metà ha affermato di essere stata vittima o a conoscenza di abusi domestici. Il 40% delle intervistate ha dichiarato di rimanere in relazioni abusive per mantenere le apparenze o per timore di ritorsioni famigliari o per paurda di perdere denaro o l’accesso ai figli.

Intanto il visto di Priya, legato alla sua situazione coniugale, sarebbe scaduto dopo due mesi: negli Stati Uniti, infatti, i lavoratori stranieri, e soprattutto gli indiani assunti nelle grandi aziende tech della Silicon Valley, risiedono nel Paese grazie al visto H1B. L’assicurazione sanitaria, i conti bancari, la patente di guida e tutto il resto dei documenti legali sono legati a quel visto e non a quello del coniuge, che impedisce la ricerca di un lavoro, rendendo le mogli indiane della Silicon Valley dipendenti dai mariti anche sul piano finanziario, nonostante spesso siano anch’esse ingegneri o informatici. A questo punto, con il loro visto, dopo il divorzio rischiano l’espulsione.

Il governo indiano afferma di aver ricevuto 6mila segnalazioni di casi di abbandono tra il 2015 e il 2019. Quasi 3mila casi sono stati registrati solo tra il 2017 e il 2019, ma uno studio del 2013 aveva stimato che fossero almeno 30mila le donne abbandonate in India. Il fenomeno ha raggiunto proporzioni tali per cui si è rivelato necessario pubblicare un opuscolo informativo sui diritti legali di cui godono le mogli in caso di matrimonio con uomini d’oltremare e alcuni Stati indiani si sono dotati di appositi dipartimenti di polizia che risolvono i casi legati ai divorzi con NRI.

Un disegno di legge del 2020 prevede che i matrimoni con indiani non residenti vengano registrati anche in India perché è proprio la mancanza di una prova che certifichi anche in patria l’unione avvenuta all’estero a impedire di intraprendere azioni legali. Tuttavia a causa della pandemia la normativa è ancora in discussione in Parlamento. Nel 2019 il governo indiano ha annullato i passaporti di 33 indiani non residenti che avevano abbandonato le mogli, ma non è abbastanza: alcune donne hanno fatto pressione affinché gli ex mariti vengano estradati e processati in India per i loro abusi.