Francesco rivolge un pensiero alle famiglie delle vittime di una “catastrofe senza precedenti”. Il pontefice ha poi ricordato il recente viaggio apostolico in Canada, occasione di riflessione, pentimento e riconciliazione. La richiesta di preghiera “per la pace nel mondo” e “specialmente in Ucraina”.
Città del Vaticano (AsiaNews) - Alla vigilia del secondo anniversario dell’esplosione al porto di Beirut, papa Francesco ha voluto esprimere vicinanza a quanti furono colpiti da quella catastrofe senza precedenti, che costò la vita a 220 persone e provocò oltre 6mila feriti. “Il mio pensiero va alle famiglie delle vittime di quel disastroso evento e al caro popolo libanese", ha detto il santo padre al termine dell’udienza in aula Paolo VI in Vaticano. "Prego perché ciascuno possa essere consolato dalla fede, confortato dalla giustizia e dalla verità, che non può essere mai nascosta. Auspico che il Libano con l’aiuto della comunità internazionale, continui a percorrere il cammino della rinascita, rimanendo fedele alla propria vocazione di essere terra di pace e di pluralismo, dove le comunità di religioni diverse possano vivere in fraternità”.
L’udienza di questa mattina - la prima del mese di agosto, dopo l’interruzione di luglio - è stata dedicata al recente viaggio in Canada (dal 24 al 30 luglio). Si è trattato di un viaggio papale diverso dagli altri, per esprimere vicinanza e dolore alle popolazioni originarie e “chiedere loro perdono per il male arrecato da quei cristiani, tra cui molti cattolici, che in passato hanno collaborato alle politiche di assimilazione forzata e di affrancamento dei governi dell’epoca”. Il pontefice ha ricordato che in Canada la Chiesa, insieme ai popoli indigeni, ha iniziato “un cammino di riconciliazione e di guarigione, che presuppone la conoscenza storica, l’ascolto dei sopravvissuti, la presa di coscienza e soprattutto la conversione, il cambiamento di mentalità”. È stato dunque un pellegrinaggio penitenziale, quello intrapreso da Francesco, caratterizzato da un tono di riflessione, pentimento e riconciliazione.
Le grandi tappe del pellegrinaggio sono state all’insegna della memoria, della riconciliazione e infine della guarigione: la prima, a Edmonton, nella parte occidentale del Paese; la seconda, a Québec, nella parte orientale; la terza nel nord, a Iqaluit, a 300 km dal circolo polare artico. A Masqwacis, insieme ai membri dei principali gruppi indigeni (First Nations, Métis e Inuit), “abbiamo fatto memoria della storia millenaria di questi popoli, in armonia con la loro terra e abbiamo raccolto la memoria dolorosa dei soprusi subiti, anche nelle scuole residenziali, a causa delle politiche di assimilazione culturale”, ha ricordato il papa. La seconda tappa è stata incentrata sulla riconciliazione, “un lasciarsi riconciliare da Cristo, che è la nostra pace (cfr Ef 2,14)”. Il terzo passo è stato sulle rive del Lago Sant’Anna, perché per Gesù il lago era un ambiente familiare. “Tutti possiamo attingere a Cristo, fonte di acqua - ha detto il papa -. In Gesù abbiamo visto la vicinanza del Padre che ci dà la guarigione delle ferite e il perdono dei peccati”.
“Da questo percorso di memoria, riconciliazione e guarigione scaturisce la speranza per la Chiesa, in Canada e in ogni luogo”, ha affermato Francesco. Davanti ai governanti, ai capi indigeni e al corpo diplomatico, il papa ha ribadito la volontà fattiva della Santa Sede e delle comunità cattoliche locali di promuovere le culture originarie, con percorsi spirituali appropriati e con l’attenzione alle usanze e alle lingue dei popoli. Nello stesso tempo, il santo padre ha voluto aprire gli occhi “sulle colonizzazioni ideologiche, che minacciano le tradizioni, la storia e i legami religiosi dei popoli” e ha invitato a recuperare “un’armonia tra la modernità e le culture ancestrali, tra la secolarizzazione e i valori spirituali”. È una sfida che interpella direttamente la missione della Chiesa, inviata in tutto il mondo a testimoniare e “seminare” una fraternità universale che rispetta e promuove la dimensione locale con le sue molteplici ricchezze. Il papa ha voluto ringraziare i vescovi del Canada per la loro unità: “Dove c’è unità si può andare avanti”. Ha ricordato infine l’ultimo incontro, in cui ha ascoltato storie di anziani che avevano familiari abusati e dispersi: “È stato un momento molto doloroso, ma si doveva mettere la faccia. Dobbiamo metterci la faccia, davanti ai nostri errori, ai nostri peccati”.
Al termine dell’udienza, salutando i pellegrini polacchi, il papa ha ricordato che in agosto tanti si recano a piedi a Jasna Góra e ad altri santuari mariani: “Vi chiedo di offrire le fatiche del vostro cammino anche per la Chiesa, per la pace nel mondo, specialmente in Ucraina - ha detto -. Saluto le Suore di Santa Elisabetta, che stanno vivendo qui a Roma il tempo di rinnovamento spirituale: molte di loro lavorano in Ucraina. La Madre di Dio ottenga abbondanti grazie divine su di loro e sulle persone a cui portano aiuto”.