L'emergenza umanitaria è diventata occasione per rilanciare la partnership. Ankara pronta a costruire migliaia di alloggi per le famiglie pakistane colpite. Armamenti, edilizia, agricoltura i settori di maggior interesse. Sullo sfondo la comune ideologia improntata al nazionalismo e alla visione dell'islam e le (possibili) tensioni con Iran e Arabia Saudita.
Milano (AsiaNews) - La Turchia torna a usare la solidarietà come arma di influenza geopolitica. Questa volta, il Paese destinatario delle sue attenzioni è il Pakistan. Le violente piogge che si sono abbattute nei giorni scorsi hanno provocato oltre 1200 morti e sommerso un terzo del territorio.
Oltre al lutto, ci sono miliardi di dollari di danni e una nazione da ricostruire. Occasione che il presidente turco non si è lasciato sfuggire e così la settimana scorsa, ancora nel pieno dell’emergenza, ha inviato a Islamabad una folta delegazione, guidata dal ministero degli Interni, Suleyman Soylu e il ministero per Ambiente e il Climate change, Murat Kurum. Sull’aereo con loro una task force della Afad, la protezione civile turca, ma soprattutto del Toki, la potente authority per la pianificazione urbana e l’edilizia. Quest’ultimo costruirà 4.620 alloggi di emergenza per le famiglie coinvolte nella catastrofe.
Lo sforzo umanitario non è certo un caso. I rapporti fra Turchia e Pakistan sono diventati sempre più stretti negli ultimi anni, grazie anche alla costante sottolineatura, da parte di Recep Tayyip Erdogan, delle comuni radici musulmane. Una sinergia fortemente voluta da Ankara, per la quale il Pakistan rappresenta un grosso asset per insinuarsi in una regione complessa e strategica, ma anche da Islamabad, per la quale la Turchia rappresenta un importante tramite per aprirsi a nuovi mercati e acquisire know how preziosi in settori come l’agricoltura e l’edilizia per spingere lo sviluppo interno. E, soprattutto, armi. Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), fra il 2016 e il 2019 la Turchia ha fornito al Pakistan 112 milioni di armamenti, ai quali vanno aggiunti i tre miliardi di dollari per acquisto di 4 corvette e 30 elicotteri 129 Atak.
Una “comprensione strategica reciproca”, come l’ha chiamata il presidente pakistano, Arif Alvi, che solo nel 2020 ha portato alla firma di 13 accordi strategici ed Erdogan sarà presto in visita ufficiale. Questi due Paesi hanno tratti in comune che suscitano anche l’attenzione, e in qualche caso la preoccupazione, della comunità internazionale. Si tratta infatti di due potenze di media grandezza, che però aspirano all’autonomia nell’industria di difesa e ad avere una influenza sugli equilibri macro regionali. Le ambizioni della Turchia sono più grandi e motivate di quelle del Pakistan; sta di fatto che questa alleanza può risultare particolarmente utile per influire in situazioni particolarmente complesse. Il grande banco di prova di questa sinergia è l’Afghanistan.
Ma ci sono poi da considerare altri fronti aperti, che riguardano “vicini di casa“ che potrebbero contribuire a rafforzare questa intesa. Per questo a gennaio, poco prima dell’inizio della guerra in Ucraina, Ankara e Islamabad hanno firmato una dichiarazione congiunta nella quale, sostanzialmente, dicevano di avere trovato una piattaforma comune su alcune questioni internazionali che, in misura e modi diversi, sono di interesse per entrambe le due nazioni. Nello specifico l’isola di Cipro, il Kashmir e il Nagorno-Karabakh.
Questa “comprensione strategica reciproca”, però, ha anche contorni ideologici e culturali ben precisi. Turchia e Pakistan sono espressione del tentativo di dare vita a un nazionalismo islamico, con tutti i mezzi messi a disposizione, anche la televisione. In un mondo le cui coscienze ormai vengono forgiate dalle fiction, Ankara ha doppiato la serie televisiva Dirilis: Ertugul, che parla del padre di uno dei fondatori dell’Impero Ottomano e che in Pakistan è stata seguita da milioni di spettatori. Un successo così enorme, che i due Paesi hanno deciso di produrre una seconda serie, intitolata Turk Lala, dove si parla di un uomo pakistano che viene catapultato nel passato, per la precisione in Turchia nel 1920 e si mette a combattere nelle schiere dell’Impero ottomano, guarda caso contro l’Occidente. Nazionalismo islamico, dunque, ma estremamente pragmatico e orientato a costruire una visione comune e condivisa, dove però Ankara deve stare attenta a non urtare altre grandi potenze del mondo islamico, soprattutto l’Iran e l’Arabia Saudita, che per motivi diversi, dedicano a Islamabad attenzioni speciali come la Turchia.