Phnom Penh: confermato l'ergastolo all'ultimo leader vivente dei Khmer rossi

Il Tribunale speciale per i crimini del regime maoista ha emesso oggi il suo ultimo verdetto respingendo il ricorso di Khieu Samphan, 91 anni. La Corte dal 2001 aveva giurisdizione sui crimini contro l'umanità tra il 1975 e il 1979, quando è stato ucciso un quarto della popolazione cambogiana. Amnesty: queste atrocità "non hanno data di scadenza".


Phnom Penh (AsiaNews/Agenzie) - Il tribunale per i crimini commessi dai Khmer rossi ha emesso oggi il suo ultimo verdetto confermando la sentenza per genocidio contro l’ultimo leader vivente del regime. La camera della Corte suprema ha respinto il ricorso presentato da Khieu Samphan, 91 anni, già condannato all’ergastolo nel 2014 e nel 2018 per crimini contro l’umanità. 

Con torture, esecuzioni di massa e campi di lavoro forzato, il regime maoista dei Khmer rouge tra il 1975 e il 1979 ha ucciso un quarto della popolazione cambogiana.

Il tribunale, conosciuto come Camere straordinarie nei tribunali della Cambogia (Eccc), e composto da giudici cambogiani e internazionali, ha terminato così i lavori: dal 2001 il processo è costato più di 330 milioni di dollari e ha perseguito cinque leader dei Khmer rossi, due dei quali morti durante il procedimento. Il “fratello numero uno” a capo del regime, Pol Pot, non è mai stato processato, essendo morto nel 1998.

La sentenza contro Khieu Samphan riguardava l’accusa di genocidio della minoranza vietnamita: la Corte ha respinto l’argomentazione secondo cui il regime era un movimento politico volto a migliorare la vita dei cambogiani. “Nemmeno usando l’immaginazione si potrebbe seriamente affermare che la rivoluzione del Partito comunista della Kampuchea sia stata attuata in modo benevolo o altruistico", afferma la sentenza, utilizzando il nome ufficiale dei Khmer rossi in Cambogia. Tra le vittime del regime si sono contati 20mila vietnamiti e tra i 100mila e i 500mila musulmani di etnia cham, che nei campi di prigionia erano stati costretti a mangiare carne di maiale.

Nel caso del 2018, insieme a Khieu Samphan, anche il "fratello numero due", Nuon Chea, morto nel 2019, era stato condannato all’ergastolo per genocidio e altri crimini. Entrambi avevano comunque già ricevuto l’ergastolo quattro anni prima per l’evacuazione forzata di Phnom Penh nel 1975, quando le truppe avevano costretto la popolazione della capitale a trasferirsi in campi di lavoro nelle campagne per costruire dighe e ponti per il regime. L’unica altra persona condannata dal tribunale speciale è stato Kaing Guek Eav, meglio noto come Duch, capo del famigerato centro di torture S-21 dove i khmer rossi hanno ucciso circa 18mila persone. È morto nel 2020.

L’Eccc è stato più volte criticato per i costi, la lentezza del procedimento e le interferenze da parte dell’attuale primo ministro cambogiano Hun Sen, ma secondo gli esperti ha svolto un ruolo prezioso nella riconciliazione nazionale. Il vice direttore regionale di Amnesty International, Ming Yu Hah, ha commentato dicendo che la sentenza “dovrebbe servire a ricordare che la responsabilità per i crimini più gravi non ha una data di scadenza”.