Le ‘purghe’ di Xi Jinping fanno un'altra vittima eccellente
di Li Qiang

Condanna per l’ex vice ministro della Sicurezza Sun Lijun. Accusato di corruzione, ma soprattutto di capeggiare una fazione “sleale” verso il presidente cinese. Xi puntella il proprio potere alla vigilia del 20° Congresso del Partito comunista. In Cina non esiste più la leadership “collettiva” voluta da Deng Xiaoping.


Pechino (AsiaNews) – Un tribunale ha condannato al carcere l’ex vice ministro della Sicurezza pubblica Sun Lijun “per aver danneggiato in modo serio l’unità del Partito”. Lo ha reso noti oggi l’agenzia di stampa governativa Xinhua, sottolineando che la condanna a morte nei suoi confronti è sospesa per due anni, passati i quali la pena si tramuterà in ergastolo.

Il verdetto per il 53enne Sun arriva alla vigilia del 20° Congresso del Partito comunista cinese, che con ogni probabilità darà a Xi Jinping un nuovo mandato al potere, considerato senza precedenti. Non è insolito per il regime cinese comminare condanne nel periodo che precede grandi eventi: un modo per ammonire i critici della leadership.

In via ufficiale le imputazioni per Sun sono di aver dato e ricevuto mazzette per 646 milioni di yuan (93 milioni di euro), manipolato il mercato azionario e di possedere senza permesso due armi da fuoco. L’accusa vera, alimentata dai media di Stato, è però di essere a capo di una cerchia di dirigenti politici “sleali” verso Xi.

Di questo presunto gruppo di oppositori farebbero parte anche l’ex ministro della Giustizia Fu Zhenghua e tre ex capi della polizia di Shanghai, Chongqing e della provincia dello Shanxi. Nei giorni scorsi tutti hanno ricevuto condanne a lunghi periodi di detenzione.

Si tratta di persone in origine alleate di Xi, usate per la sua campagna anticorruzione contro “tigri e mosche”. Soprattutto Fu, responsabile delle indagini che hanno portato all’incarcerazione di Zhou Yongkang, l’ex zar della sicurezza visto da Xi come un nemico interno.

Analisti osservano che la più grande abilità di Xi è quella di saper puntellare il proprio potere, indebolendo le fazioni avversarie dentro il Partito ed eliminando potenziali concorrenti interni. Dalla sua nomina a segretario generale del Pcc e presidente della nazione nel 2012, Xi è riuscito a concentrare il potere nelle proprie mani. Una mossa contraria ai dettami di Deng Xiaoping, il padre delle aperture economiche della Cina negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso.

Come notato dal sinologo Willy Lam su China Brief, Deng ha voluto sostituire la leadership “unica” di stampo maoista con quella “collettiva” dei membri del Comitato permanente del Politburo: un modo per prevenire fenomeni come il culto della personalità e l’eccessivo accumulo di potere nelle mani di un “uomo forte”.