Missili contro l’Ucraina: il panico e la rabbia di Putin
di Vladimir Rozanskij

Risposta del Cremlino all’attentato esplosivo al ponte della Crimea. Almeno 84 i razzi lanciati da Mosca contro obiettivi anche civili. Esperto: Putin vuole terrorizzare la popolazione ucraina. Lo “zar” è nel panico: adotta decisioni contraddittorie e imprevedibili.


Mosca (AsiaNews) – Putin ha definito i bombardamenti di ieri in diverse parti dell’Ucraina “un attacco di massa con armi di alta precisione a lunga gittata da basi aeree, marittime e terrestri su obiettivi energetici, distaccamenti militari e reti di comunicazione”: una risposta alla tremenda offesa dell’attentato esplosivo al ponte della Crimea, simbolo della “vittoria” russa in questi anni di guerra, dopo l’annessione della penisola nel 2014.

Almeno 84 missili russi hanno colpito Kiev, Zaporižja, Dnepr, L’vov, Zitomir, Khar’kov, Nikolaev, Odessa, Poltava e altre città. Le difese antimissile ucraine ne hanno intercettati e distrutti circa la metà; Mosca ha usato anche droni “suicidi”, compresi quelli acquistati di recente dall’Iran.

Il politologo Ivan Preobraženskij ha commentato su Currentime.tv la svolta distruttiva, e che cosa questo significhi negli equilibri interni del Cremlino: “La vendetta per il ponte della Crimea era considerata obbligata in questa situazione”, ma non si capisce perché in realtà siano state colpite, più che le centrali energetiche o le basi militari, tanti obiettivi civili come i centri commerciali o i parchi-giochi per i bambini. Secondo l’accademico “vogliono colpire la popolazione ucraina e cercare in questo modo di terrorizzarla, è una logica terroristica”.

La violenza inaudita di questi attacchi è collegata anche alla nomina dell’ennesimo “macellaio” a capo delle operazioni militari russe in Ucraina. La nomina del 56enne generale Sergej Surovikin, conosciuto per i bombardamenti a tappeto russi in Siria, rientra nella logica di incutere timore agli avversari. È anche un segno di quanto sia profondo il conflitto interno tra Putin e il ministro russo della Difesa Sergej Šojgu.

Il nuovo comandante è ritenuto uno degli ideologi della concezione legata all’uso delle armi nucleari tattiche nelle azioni militari ordinarie. Preobraženskij osserva che l’uso massivo dei missili a lunga gittata dall’inizio della guerra, in dimensioni mai viste dalla Seconda guerra mondiale, ha reso l’arsenale “ordinario” della Russia molto ridotto, e le azioni come quella di questi giorni devono essere decise in fretta, aggirando tutta la catena di comando, con una telefonata di Putin entro cinque minuti.

La reazione di Putin all’attentato del ponte di Crimea dell’8 ottobre, del resto, si è fatta attendere fino alla sera del 9, rivelando la condizione psicopatica che era tipica di Stalin, soprattutto dopo l’inizio dell’invasione nazista nel 1941. Non mancano le versioni che attribuiscono ai falchi dell’Fsb l’organizzazione dell’esplosione del ponte, proprio per provocare la rabbia incontrollata dello zar, che ora si trova in preda al panico e alla furia cieca e intende punire tutti, cercando colpevoli all’interno e all’esterno.

Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov, che più volte ha commentato la “dottrina nucleare”, ora evita di pronunciarsi sulla questione, evidentemente in attesa delle decisioni finali del capo. Il problema che la rabbia spesso si alterna al panico, e le scelte di Putin in questi giorni appaiono piuttosto contraddittorie e imprevedibili: più si avvicina la possibilità di passare alle armi tattiche nucleari, meno se ne saprà ai vertici della politica e delle forze militari.

Il punto è che le armi nucleari non possono essere sganciate con un tasto da pigiare, devono essere spostate nella giusta direzione, e attualmente la Russia non è ancora in grado di passare a questa fase “definitiva” del conflitto. La riunione in corso del Consiglio di sicurezza del Cremlino potrebbe essere un ulteriore scatto nella escalation bellica, ma difficilmente si riuscirà a decifrarne le mosse in tempi brevi.