Kuala Lumpur: da inizio mese respinti almeno 150 profughi birmani
di Steve Suwannarat

Tra di loro ci sono anche diversi oppositori dei generali golpisti in Myanmar. Secondo le Nazioni Unite sono almeno 158mila i richiedenti asilo birmani, di cui due terzi di etnia Rohingya.


Kuala Lumpur (AsiaNews) - Una nuova ondata di espulsioni in Malaysia solleva preoccupazione per la sorte dei profughi birmani che, partendo dal Myanmar, cercano asilo nei vicini Paesi del sud-est asiatico dopo lunghi e pericolosi viaggi via mare. Sono almeno 150 i richiedenti asilo che, nonostante le pressioni internazionali e le rassicurazioni delle autorità malaysiane, sono stati espulsi dall’inizio del mese: tra di loro ci sono anche diversi oppositori del golpe militare che il primo febbraio 2021 ha rovesciato il governo civile birmano, dando inizio a un brutale conflitto civile.

Per l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) a fine luglio erano circa 158.500 – su un totale di 185mila - i profughi e richiedenti asilo originari del Myanmar in Malaysia. Di questi, circa due terzi sono di etnia Rohingya mentre gli altri appartengono a diversi gruppi etnici in conflitto con il regime birmano. In molti casi utilizzano la rotta terrestre che passa dalla Thailandia oppure seguono le rotte dei Rohingya perseguitati, che sono ospitati a centinaia di migliaia in Bangladesh.

L’accoglienza da parte della Malaysia è in linea con il principio di non respingimento previsto dal diritto internazionale, ma a questo non corrisponde un uguale impegno a garantire uno status legale che consenta una permanenza sicura, almeno fino alla ricollocazione in Paesi terzi. Da qui derivano diversi abusi forse perpetrati anche come politica di dissuasione per scoraggiare chi vorrebbe raggiungere la Malaysia.

Quello di Kuala Lumpur - il più critico tra i 10 Paesi Asean nei confronti della giunta militare di Naypyidaw - è un atteggiamento ambiguo, che diventa evidente con l’espulsione dei profughi di cui è stata accertata l’appartenenza all’opposizione democratica. Questi fanno capo alla Lega nazionale per la democrazia, il partito dell'ex leader civile Aung San Suu Kyi, e al Governo di unità nazionale che in clandestinità coordina la resistenza armata anti-golpe e le attività di supporto agli sfollati interni.

Sono ormai oltre un milione quelli che in gergo internazionale vengono chiamati internally displaced people (IDPs), in maggioranza delle etnie minoritarie, in fuga da combattimenti: nelle settimane scorse il regime birmano ha deciso che non potranno più accedere a campi o strutture di ospitalità. Il rischio di un’ondata di fuga oltreconfine diventa quindi elevato sebbene le frontiere dei Paesi vicini restino sigillate, con rare eccezioni sul lato thailandese.