Seoul: la magistratura indaga sull'ex presidente Moon Jae-in
di Guido Alberto Casanova

I due casi riguardano le politiche di distensione con la Corea de Nord. La procura sta cercando di ottenere i mandati d’arresto per l’ex ministro della Difesa e l’ex commissario generale della Guardia costiera. Secondo il Partito democratico "la mente" dietro a tutto ciò è l'attuale capo dello Stato Yoon Suk-yeol.


Milano (AsiaNews) - Da qualche tempo la magistratura della Corea del Sud sta indagando su due casi che coinvolgono l’ex presidente democratico Moon Jae-in e, in particolare, le sue politiche di distensione con Pyongyang. Il primo caso ruota attorno al rimpatrio, nel 2019, di alcuni disertori nordcoreani giunti al Sud - e dichiaratamente intenzionati a rimanervi - che il governo avrebbe rimandato al Nord dopo essersi macchiati dell’omicidio di altri disertori nel loro viaggio per arrivare a Seoul.

Il secondo riguarda la morte in mare aperto di una guardia costiera sudcoreana per mano delle autorità di Pyongyang, avvenuta nel 2020: il governo di Seoul avrebbe cercato di coprire il crimine accusando il funzionario (senza sufficienti prove, secondo i magistrati) di essere in procinto di disertare al Nord quando è stato ucciso.

L’ex presidente non è ancora sotto indagine, ma col passare del tempo sembra sempre più probabile che la magistratura possa avvicinarsi a lui. Per ora la pubblica accusa sta cercando di ottenere i mandati d’arresto per l’ex ministro della Difesa e per l’ex commissario generale della Guardia costiera, che potrebbero arrivare già in serata. I due sono accusati di aver falsificato documenti ufficiali relativi all’assassinio del 2020, con l’obiettivo di evitare che la Corea del Nord diventasse bersaglio di nuove critiche.

Ma i due non sono gli unici che potrebbero finire nel mirino degli inquirenti. La settimana scorsa il Board of Audit and Inspection (Bai) ha raccomandato l’apertura di un’indagine per 20 funzionari dell’amministrazione Moon, tra i quali oltre all’ex ministro della Difesa figurano anche l’ex capo dell’intelligence e il consigliere per la Sicurezza nazionale.

Inoltre questo mese il Bai aveva chiesto a Moon di rispondere ad alcune domande scritte sul caso, una richiesta alla quale però l’ex presidente avrebbe rifiutato di ottemperare in quanto “irrispettosa”. Secondo i conservatori oggi al governo, la falsificazione dei documenti non sarebbe stata possibile senza il diretto intervento di Moon.

Intanto le indagini procedono anche riguardo il caso del rimpatrio avvenuto contro le intenzioni dei disertori nel 2019. Il 19 ottobre è stato convocato per un’udienza il capo dello staff presidenziale di Moon con l’obiettivo di determinare il suo grado di coinvolgimento nella decisione di procedere col rimpatrio e capire se abbia agito per eseguire ordini ricevuti dall’alto. Secondo alcune prove fotografiche pubblicate durante l’estate, nessuno dei disertori desiderava tornare a Nord.

Contro questa offensiva giudiziaria il Partito democratico, oggi all’opposizione, è salito sulle barricate: secondo il capogruppo dei democratici l’istigatore delle indagini contro la precedente amministrazione sarebbe l’attuale presidente Yoon Suk-yeol, che durante la campagna elettorale dello scorso marzo aveva promesso di mettere sotto accusa Moon: “È ovvio che l’ufficio presidenziale è la mente”, ha dichiarato.