Nuova diga sul Mekong: da spostare e ricollocare 10mila abitanti di 26 villaggi
di Steve Suwannarat

Sorgerà nei pressi dell’antica capitale Luang Prabang, patrimonio Unesco. L’area è a rischio sismico. I continui sbarramenti per la produzione energetica rendono il corso del Mekong del tutto artificiale. Ne guadagnano più gli acquirenti stranieri di energia che la popolazione locale.


Vientiane (AsiaNews) – I lavori di costruzione di una nuova diga costringeranno a spostarsi 10mila abitanti di 26 villaggi: saranno ricollocati in nuovi insediamenti altrove, forniti di migliori servizi sanitari e educativi, ma con maggiori difficoltà quanto a occupazione e coesione sociale.

L’operazione è significativa anche sul piano simbolico, perché l’impianto sorgerà nei pressi di Luang Prabang, l’antica capitale patrimonio Unesco dell’umanità. I responsabili della nuova chiusa, che diventerà la principale del Paese con 1.460 megawat di capacità produttiva di elettricità, sono la vietnamita PetroVietnam Power e la thailandese CK Power.

Il complesso sarà realizzato in una area sismica. Una volta completato nel 2027, in caso di terremoto di forte intensità, la città simbolo dell’identità religiosa e storica del Laos e i suoi 60mila abitanti potrebbero trovarsi in pericolo.

Di attenzione più immediata è il fatto che la diga rappresenta un ulteriore minaccia al Mekong, lungo il cui corso e su quello dei suoi tributari in territorio laotiano si trovano già un'ottantina di sbarramenti per la produzione energetica.

La struttura si situerà a poche decine di chilometri a valle di un impianto già previsto a Pak Baeng e a monte dell’impianto di Xayaburi, completato nel 2019 e attualmente il maggiore in funzione. Al completamento dei progetti, per una parte consistente del suo corso superiore il fiume sarà ridotto a una serie di immensi vasi comunicanti che renderanno del tutto artificiale il suo corso. Serviranno a rispondere alle necessità energetiche dei confinanti Thailandia, Vietnam, Myanmar e Cina, ma anche ai ben più lontani Malaysia e Singapore.

Nonostante le potenzialità dello sfruttamento delle sue acque e di altre risorse naturali, quello che è soprannominato “la batteria dell’Asia”, un Paese esteso 236.800 chilometri quadrati abitato da 7,3 milioni di persone, resta lontano da un benessere diffuso.

Se la realizzazione dei progetti di sfruttamento energetico porta alcuni benefici alla popolazione locale per l’afflusso di personale e iniziative connesse con la costruzione, e contribuisce a ridurre l’emissione di carbonio, nel complesso il Laos paga per il suo sviluppo un altissimo costo.

Dopo decenni di sfruttamento, la nazione risulta non solo più povera e arretrata degli Stati vicini, ma anche la più controllata da interessi stranieri attraverso pressioni, corruzione e un indebitamento arrivato all’88% del Pil. Al punto che per continuare a onorarlo, nel 2020 il governo ha venduto a un’impresa cinese il controllo della sua rete di trasmissione elettrica per 600 milioni di dollari.