Uttar Pradesh, pastore protestante 'riconvertito' dai nazionalisti indù (VIDEO)
di Nirmala Carvalho

Una fonte locale ad AsiaNews: "Pressioni fortissime sulle comunità cristiane, pregate per noi". Sajan K George (Global Council of Indian Christians): "Un fenomeno diffuso. E la sudditanza della polizia a chi grida al lupo sulle 'conversioni forzate' incoraggia questi estremisti”.


Ghazipur (AsiaNews) - Proprio là dove sono più forti le accuse contro i cristiani per le cosiddette “conversioni forzate”, i fondamentalisti indù non esitano a prenderli di mira per “riportarli” nel loro gregge. Quelle che mostriamo sono alcune immagini che arrivano dal distretto di Ghazipur nello Stato indiano dell’Uttar Pradesh, uno di quelli governati dai nazionalisti indù del Bjp e dove negli ultimi anni è aumentata la pressione nei confronti delle comunità cristiane. Ritraggono un rito compiuto il 22 novembre nel corso del quale Raju, un pastore di una piccola comunità protestante locale, è stato indotto a compiere un rito indù per segnare il suo abbandono del cristianesimo. “I pastori e i missionari che svolgono sinceramente la loro opera missionaria - scrive la fonte locale che ci ha inviato questo materiale - si trovano a vivere una crisi senza precedenti. Guardando il video si capisce che il pastore non sta affatto recitando le preghiere indù. Pregate per i cristiani dell’Uttar Pradesh”.

Sajan K George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), commenta ad AsiaNews: “Non è nulla di nuovo né di insolito, purtroppo. Che si tratti dell'Uttar Pradesh, del Karnataka o di qualsiasi altra parte del Paese, le organizzazioni dell’Hindutva sono sempre pronte a gridare al lupo per quelle che chiamano ‘conversioni forzate’ e l’inerzia della polizia incoraggia questi estremisti di destra”.

“Molte chiese pentecostali e sale di preghiera in zone remote dell'India sono fondate con mezzi limitati messi insieme da piccoli gruppi di fedeli nei loro villaggi: non hanno l'indipendenza finanziaria nemmeno per sostenere le proprie famiglie, figuriamoci la forza di attirare persone con mezzi fraudolenti. Tutto ciò che possono promettere è un senso di comunità, un sentimento di rispetto e dignità e un benessere spirituale, ma nulla in termini di benefici materiali".

"Eppure - continua Sajan K. George - ogni volta che in India si pone la questione dell'accettazione della fede cristiana da parte di qualcuno, la percezione popolare è che la persona in questione si sia convertita solo sotto costrizione o grazie a qualche beneficio economico. Un sentimento anticristiano che non è limitato ai soli fondamentalisti indù, ma scorre in profondità nella nostra società, dipingendo i cristiani come una comunità il cui unico scopo nella vita è quello di fare proselitismo e veder crescere il proprio numero. Ma i numeri dimostrano il contrario: il censimento del 1971 stimava che i cristiani rappresentassero il 2,6% della popolazione indiana. Nel 2001, questa cifra è scesa al 2,3%. E la composizione religiosa dei dati del Censimento del 2011 non è mai stata resa nota”.

“Nonostante tutto questo - conclude l’attivista per i diritti dei cristiani - la pressione di questi gruppi sulle forze dell'ordine è purtroppo diventata una routine nel nostro Paese, soprattutto quando si tratta di questioni legate alle minoranze religiose. E questo non è di buon auspicio per l'armonia sociale".