I manifestanti hanno tentato di prendere d'assalto l'edificio governativo dopo la notizia di un caso di corruzione legato all'esportazione di carbone in Cina. Dall'invasione russa dell'Ucraina l'inflazione ha superato il 15%, mentre la chiusura dei confini ha ridotto gli scambi commerciali con Pechino. Il presidente oggi ha proposto lo scioglimento del Parlamento.
Ulan Bator (AsiaNews/Agenzie) - Ieri sera centinaia di manifestanti hanno preso d’assalto il palazzo del governo nella capitale Ulan Bator per protestare contro il furto di 12,8 miliardi di dollari di fondi pubblici da parte di alcuni politici del Paese legati all’industria del carbone.
I dimostranti, soprattutto giovani, che si sono radunati davanti all'edificio governativo nonostante ci fosse una temperatura di -21°, hanno rotto qualche finestra e scardinato dei cancelli, ma non sono riusciti a entrare nel palazzo. Alle 9 di sera (ora locale) la maggior parte delle manifestazioni erano state disperse.
La notizia sul furto di carbone, diffusa nei giorni scorsi, si è aggiunta al malcontento della popolazione per la situazione economica: dopo l’invasione della Russia in Ucraina l’inflazione è schizzata al 15,2% e la chiusura dei confini da parte della Cina per la politica “zero covid” ha ridotto gli scambi commerciali. L’86% delle esportazioni della Mongolia - metà delle quali di carbone - sono dirette verso la Cina e un quarto del prodotto interno lordo della Mongolia proviene dal settore minerario.
Il governo mongolo ha chiesto a Pechino di partecipare alle indagini sul furto di fondi pubblici, confermato oggi in conferenza stampa dal ministro dello Sviluppo economico, Khurelbaatar Chimed.
A metà novembre l’autorità anticorruzione nazionale aveva annunciato che più di 30 funzionari - tra cui l'amministratore delegato della società di estrazione del carbone statale Erdenes Tavan Tolgoi - erano indagati per appropriazione indebita. L’azienda controlla depositi che contengono 7,5 miliardi di tonnellate di coke, un sottoprodotto del carbone essenziale per la produzione di acciaio.
Secondo le indiscrezioni trapelate finora, si presume che i funzionari abbiano sfruttato le miniere di carbone per realizzare profitti illegali con la Cina.
L’ex amministratore delegato della Erdenes Tavan Tolgoi, Gankhuyag Battulga, era stato licenziato lo scorso ottobre senza che venisse fornita alcuna motivazione, ma ora la popolazione, riferendosi a una “mafia del carbone”, chiede che vengano individuati e puniti i responsabili anche all’interno del governo.
“Le persone sono arrabbiate per questo caso perché è stato loro promesso che la ricchezza del Paese sarebbe stata condivisa con loro”, ha detto ad Al Jazeera Jana Zilkova, direttrice di Caritas Repubblica Ceca a Ulan Bator.
Il presidente mongolo, Khurelsukh Ukhnaa, questa mattina ha proposto lo scioglimento del Parlamento.