La crisi carburante chiude la Siria e soffia sul fuoco della protesta

Il governo blocca le attività di edifici e sedi statali per due giorni, l’11 e il 18 dicembre. Per Damasco dietro la crisi vi sarebbero le sanzioni occidentali e l’interruzione delle forniture. Nella provincia meridionale di Sweida due morti per una protesta contro la crisi. Teheran aumenta le forniture di petrolio, da uno a tre milioni di barili al mese. 


Damasco (AsiaNews) - Il governo siriano intende chiudere tutte le agenzie e gli uffici statali l'11 e 18 dicembre, a causa della gravissima crisi dei carburanti che rischia di mettere in ginocchio un Paese già martoriato da oltre 10 anni di guerra e violenze jihadiste. Secondo Damasco la penuria nei rifornimenti è causata dall’interruzione delle forniture e dalle sanzioni occidentali, che stanno prosciugando le casse dello Stato e inasprendo gli effetti della “bomba della povertà”, che fa più danni del conflitto. Lo stesso arcivescovo maronita della capitale, mons. Samir Nassar, nei giorni scorsi aveva parlato del “calvario silenzioso” di un popolo siriano allo stremo.

La decisione di chiudere due giorni giunge in un momento in cui molti dipendenti non sono stati in grado di arrivare al lavoro, perché il trasporto pubblico è paralizzato dalla crisi. La carenza di carburante ha bloccato gran parte della Siria sotto il controllo del governo e del presidente Bashar al-Assad nelle ultime settimane. La crisi ha colpito quasi tutti i settori, poiché è necessario carburante per i generatori di energia che forniscono elettricità a fabbriche, reti di telecomunicazioni e altre istituzioni in mezzo a diffuse interruzioni di corrente.

Le difficoltà economiche sono anche alla base della rivolta divampata nei giorni scorsi nella provincia meridionale di Sweida, a maggioranza drusa, in cui sono morte due persone, un poliziotto e un manifestante, altre sette sono rimaste ferite. La crisi si è acuita con l’arrivo dell’inverno, allorché molti si affidano al diesel per il riscaldamento. Il 5 dicembre scorso il ministero del Commercio interno ha quasi raddoppiato i prezzi del carburante che ha toccato quota 5.400 lire siriane (circa un euro) al litro, mentre la benzina costa 4.900 lire. Un tassista di Damasco confessa di lavorare solo tre giorni a settimana per mancanza di carburante e i sussidi governativi non bastano più a coprire il fabbisogno, mentre i prezzi al mercato nero sono insostenibili: “Preferisco riposare - confessa Abu Ali - che lavorare in perdita”. 

Teheran, alleato chiave di Damasco dall’inizio della guerra nel 2011, ha deciso il mese scorso di aumentare le forniture di petrolio passando da un milione di barili al mese a tre milioni come riferisce il quotidiano governativo al-Watan. Prima della guerra la Siria produceva internamente 380mila barili al giorno, dei quali 250mila per uso interno e il resto da esportazione. Oggi il dato è crollato anche perché i principali giacimenti nell’est del Paese sono controllati dai curdi, alleati degli Stati Uniti. Il ministero del Petrolio e delle risorse minerarie afferma che nelle raffinerie governative si producono circa 80mila barili al giorno. Il risultato, come afferma Samir Asfour che possiede una fabbrica di mattoni ad Adra, sobborgo di Damasco, è “una vita completamente paralizzata, soprattutto per mancanza di gasolio”.

Secondo le ultime stime, sono almeno 17 milioni i siriani nel bisogno e che, in questa fase della storia del Paese, patiscono ogni giorno il freddo e la fame. Gli ammalati non trovano farmaci, negli ospedali l’elettricità spesso manca o è insufficiente, i genitori non trovano pane e latte per nutrire i figli e la situazione è sempre più disperata a causa delle sanzioni e del “Caesar Act”. I negozi nella capitale chiudono al tramonto, perché manca il combustibile per i generatori; i panifici privati hanno tagliato la produzione, macchinari e forni sono fermi gran parte del tempo e anche i ristoranti sono costretti - per mancanza di gas - a servire cibi freddi o cotti alla griglia. Infine, manca il gas per le bombole ad uso domestico e anche quando se ne trova è di qualità pessima e a costi elevatissimi, che la maggior parte dei cittadini non si possono permettere.  

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