Usa, licenziamenti nell'hi-tech: migliaia di indiani rischiano di tornare in patria
di Alessandra De Poli

I lavoratori specializzati che sono stati licenziati hanno fino a 60 giorni per trovare un'azienda che li sponsorizzi per restare negli Stati Uniti. Però le assunzioni sono bloccate. Per ragioni storiche e culturali l'India produce migliaia di laureati nelle materie STEM ogni anno. Però la garanzia di un'occupazione non è più certa.


Milano (AsiaNews) - Il mese scorso si è diffusa la notizia che Meta (che possiede Facebook, Instagram e Whatsapp), Twitter e Amazon avrebbero licenziato decine di migliaia di lavoratori e ora migliaia di indiani - ingegneri, informatici e sviluppatori che si erano trasferiti negli Stati Uniti per lavorare nelle grandi aziende tech - si trovano alle prese con le conseguenze di quella decisione. 

I lavoratori specializzati che risiedono negli Stati Uniti possono farlo grazie al visto chiamato H-1B, che consente alle aziende statunitensi di assumere stranieri per un massimo di sei anni in posizioni per le quali non sono state in grado di trovare cittadini americani. Secondo un’analisi di Bloomberg, negli ultimi tre anni le aziende Usa hanno sponsorizzato almeno 45mila lavoratori per le richieste del visto H-1B. I titolari del permesso nel frattempo possono richiedere la residenza permanente e acquistare proprietà, però in caso di perdita del lavoro hanno 60 giorni per trovare un nuovo impiego. Se non riescono a trovare una nuova azienda che li sponsorizzi per il rinnovo del visto, devono tornare in India e tentare di completare le pratiche burocratiche da lì. Un’attività che può trasformarsi facilmente in un calvario perché i tempi di attesa per un appuntamento nei consolati americani in India hanno raggiunto tempi di attesa fino a 800 giorni. 

La domanda per trasferirsi negli Stati Uniti tra i professionisti indiani è molto elevata, ma ogni anno vengono concessi loro solo 850mila visti H-1B. Gli indiani tendono anche a dover affrontare periodi lunghi per l’ottenimento della cittadinanza americana (la nota green card) perché a ogni nazionalità straniera è concesso un massimo di green card pari al 7% del totale degli occupati. Le persone di origine indiana rappresentano l’1% della popolazione americana e il 6% dei lavoratori della Silicon Valley in California. Il 70% dei visti H-1B vanno agli indiani e in città come Seattle il 40% degli ingegneri stranieri proviene dall’India. 

La situazione è il risultato di due tendenze di lungo periodo: da una parte la politica di immigrazione statunitense che dagli anni ‘60 assegna quote basate sulle competenze e il ricongiungimento familiare; dall’altra gli investimenti indiani nell’istruzione di quelle che vengono chiamate le materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica).

La preponderanza degli indiani nelle materie scientifiche è dovuta alle decisioni del primo premier dell’India indipendente, Jawaharlal Nehru, che durante la Guerra fredda tentò di sfruttare gli investimenti di volta in volta degli Stati Uniti o dell’Unione Sovietica per creare istituzioni che formassero i propri cittadini in materie considerate fondamentali per lo sviluppo tecnologico del Paese, che - si pensava - in pochi anni avrebbe potuto raggiungere le potenze mondiali. È così che sono nate alcune delle migliori scuole del Paese, tra cui l’Indian Insitutes of Technology.

Tuttavia, per ironia della sorte, i migliori ingegneri indiani emigrano all’estero attratti da stipendi molto più alti, mentre secondo un’indagine del Wall Street Journal del 2011 solo il 75% dei laureati in ingegneria ha le competenze per ricoprire un ruolo di alto livello nell’industria tecnologica. Ed è così che si è creata la situazione paradossale per cui una laurea in una materia STEM oggi si traduce spesso in un giovane disoccupato indiano in più.

A questa situazione si sono quindi aggiunti i licenziamenti dell'industria tech anche in India: Byju's, una delle start-up più apprezzate dell'India che si occupa di apprendimento online, quest'anno ha licenziato circa 2.500 dipendenti. Ed è solo una delle oltre 40 start-up che si sono unite a Meta e Twitter nei licenziamenti. "Quando le assunzioni nel settore tecnologico globale hanno iniziato a diminuire ad agosto, era chiaro che la tempesta si sarebbe abbattuta sull'India", ha spiegato un funzionario che si occupa di mercato del lavoro. 

Tuttavia, secondo Somdeep Deb, vicepresidente della società di consulenza del lavoro Right Management, “le società devono essere un po' più pazienti. Come economia, l'India è sopravvissuta a molti di questi cicli, tra cui la crisi finanziaria globale del 2008 e, più recentemente, la pandemia di Covid-19. Li abbiamo combattuti e siamo andati avanti. Le organizzazioni non possono continuare a frenare ogni sei mesi o continuare a combattere le forze del mercato per sempre. Sarebbe meglio per loro fissare i propri obiettivi su una crescita sostenibile. I tagli di posti di lavoro hanno implicazioni a lungo termine, specialmente se non vengono fatti in maniera oculata”.

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