Teheran e Riyadh giocano la partita per l’elezione del nuovo presidente libanese
di Fady Noun

Persiste lo stallo sulla scelta del successore di Michel Aoun. L’ultima frattura sul nome del capo dello Stato fra (ex) alleati si è consumata fra Hezbollah e Cpl. È necessario un consesso internazionale per strappare il più possibile il Libano dall’orbita dell’Iran. Il ruolo dell’Arabia Saudita in collaborazione con la Francia. 


Beirut (AsiaNews) - Quanto tempo ci vorrà prima che il Parlamento libanese riesca a eleggere un nuovo capo dello Stato, ora che la sede presidenziale è vacante dal 31 ottobre? Nessuno lo può sapere al momento. Alla vigilia della decima riunione per la scelta del successore di Michel Aoun, prevista per il prossimo 15 dicembre, l'Assemblea resta profondamente diviso. 

L’8 dicembre scorso il deputato Michel Mouawad, candidato del campo della lotta contro l’egemonia esercitata dagli Hezbollah filo-iraniani sulla scena nazionale (Forze libanesi, Partito socialista progressista e indipendenti), ha ottenuto 39 voti. Un dato ben lontano dagli 86 necessari per essere eletto al primo turno o dai 65 voti richiesti a partire dalla seconda tornata. Inoltre, il boicottaggio sistematico del quorum dopo il primo turno di votazione ha come conseguenza che il processo elettorale si riduce a una successione di primi turni, per impedire che un nuovo capo dello Stato venga eletto con 65 voti necessari.

Sull’altro versante, non sono state fatte figure migliori: 39 deputati, in particolare il tandem sciita Amal-Hezbollah, hanno votato scheda bianca. Il netto calo dei “voti bianchi”, che a volte hanno superato i 50 nelle sessioni precedenti, deriva dal fatto che la Corrente patriottica libera (Cpl) di Gebran Bassil questa volta non ha seguito le istruzioni, a causa del disaccordo con Hezbollah sul nome del futuro presidente.

Il partito pro-iraniano sembra infatti aver puntato le proprie carte su un alleato “naturale”, il deputato filo-siriano Sleiman Frangié. Tuttavia, Bassil critica questa scelta sostenendo che la rappresentatività parlamentare cristiana di Frangié non è paragonabile alla sua, senza contare che l’accordo concluso dal Cpl con Hezbollah, nel 2006, deve essere onorato. Un ragionamento che molti vedono come una forma di “ricatto politico”: un “io o nessuno” simile a quello che Hezbollah stesso esercita su tutti i libanesi.

Il presidente del Parlamento Nabih Berry ha invitato i deputati che partecipano all’elezione presidenziale del 15 dicembre a restare nell’emiciclo per un momento di “dialogo”. Le Forze libanesi (Fl) che appoggiano Michel Mouawad sono reticenti però a unirsi al confronto, denunciando in particolare un “abuso di democrazia che conduce a un declino della democrazia”. Ed è per questo che il deputato Pierre Abou Assi (Fl) ha denunciato il processo volto a silurare il quorum previsto per l’elezione del capo dello Stato, impedendone l’elezione al secondo turno con 66 voti, con il pretesto che ogni deputato ha “il diritto democratico” di ritirarsi dall’emiciclo quando lo ritiene più opportuno.

Inoltre, il capo delle Fl Samir Geagea ha rifiutato di rispondere all’appello al dialogo lanciato da Bassil la scorsa settimana dalla sede patriarcale maronita di Bkerké. “Perché vi sia un dialogo - ha risposto il capo delle Fl, che accusa Hezbollah di lanciare appelli al dialogo pur rifiutando qualsiasi confronto sul tema delle armi, strumento alla sua egemonia - ci vogliono uomini di dialogo”.

Questo è anche il motivo per cui gli osservatori ritengono che vi sia davvero una dimensione geopolitica nella crisi libanese. L‘elezione di un nuovo presidente è infatti parte di un processo volto a strappare il Libano dall’egemonia e dall’orbita iraniana. Ed è su questo punto che dovrà dirigersi il compromesso, per vedere eletto un nuovo capo dello Stato in Libano. Tale processo fa parte di una dinamica internazionale i cui principali attori sono gli Stati Uniti, la Francia, l’Iran e l’Arabia Saudita. Quest’ultimo Paese è essenziale per il salvataggio economico del Libano, ma richiede in cambio che il suo presidente non sia del campo di Hezbollah. La personalità più prominente e autorevole per svolgere il ruolo di bilanciere sulla scena interna, al momento, sembra essere sempre il comandante in capo dell’esercito, il generale Joseph Aoun.

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