Istanbul, il sindaco Imamoglu contro la condanna in primo grado: ‘Non c’è giustizia’

Emessa una sentenza a due anni e sette mesi di prigione, con interdizione dai pubblici uffici. Una folla è scesa in piazza per manifestare contro i giudici. Egli parla di verdetto “politico” e di diritto usato “per finalità politiche”. A rischio la corsa alle presidenziali 2023, ora la partita si gioca in appello.


Istanbul (AsiaNews) - La corsa alle elezioni presidenziali 2023 in Turchia si è aperta ieri nelle aule di tribunale, con la condanna in primo grado del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, una delle figure più autorevoli e carismatiche dell’opposizione e fra i principali sfidanti del sultano Recep Tayyip Erdogan. I giudici della settima sezione penale hanno emesso una sentenza a due anni e sette mesi di galera, con l’interdizione dai pubblici uffici e, di conseguenza, l’impossibilità di sfidare il capo dello Stato nel voto del 18 giugno del prossimo anno. Un verdetto che per il sindaco, in un discorso alla folla scesa in piazza per sostenerlo, dimostra come “non c’è giustizia oggi in Turchia”. 

In caso di conferma in appello, per Imamoglu si aprirebbero le porte del carcere e sarebbe preclusa ogni possibilità di sfidare Erdogan alle presidenziali. Kemal Kilicdaroglu, presidente del Partito di opposizione repubblicano (Chp), ha interrotto la visita in Germania rientrando in tutta fretta in Turchia, in risposta a una “grave violazione” del diritto. “Preoccupazione e contrarietà” vengono espresse dal Dipartimento di Stato Usa; di verdetto “inconcepibile” parla il relatore speciale del Parlamento europeo sulla Turchia Nacho Sanchez Amor.

Il processo ruota attorno all’accusa di aver “insultato” i membri del Consiglio elettorale che hanno annullato le elezioni vinte - con scarto minimo - sul rivale ed ex premier Binali Yıldırım alla carica di primo cittadino di Istanbul. Un successo replicato anche dopo il richiamo alle urne degli elettori, e con un margine ancora maggiore. Egli aveva definito “sciocchi” i componenti del Consiglio, rilanciando - questa la difesa - la stessa espressione usata in precedenza nei suoi confronti dal ministro turco degli Interni Suleyman Soylu. 

Il successo di Imamoglu a Istanbul nella primavera del 2019 è giunto per molti versi in modo inaspettato, mettendo fine all’egemonia del partito di governo Akp sulla capitale economica e commerciale, una metropoli da 17 milioni di abitanti termometro della vita politica e sociale del Paese. Agenti in tenuta anti-sommossa hanno pattugliato ieri le strade all’esterno del tribunale, sulla sponda asiatica della città, mentre il sindaco ha continuato a lavorare nel suo quartier generale oltre il Bosforo, sul versante europeo. 

Rivolgendosi alla folla (nelle foto) radunata in serata per protestare contro la sentenza, Imamoglu ha parlato di decisione che è “espressione di una situazione illegale e irrazionale”. Il verdetto è una prova ulteriore che “non c’è giustizia” e rappresenta una “disgrazia” per la magistratura turca, trasformata “in uno strumento per punire i dissidenti”. Nel suo intervento, inviato integralmente ad AsiaNews da una sua collaboratrice, egli attacca quelle “poche persone” che hanno devastato la nazione “per tornaconto personale” al prezzo di una “disoccupazione elevata, alto costo della vita e abisso economico”. E anche i bambini “non nutrono più speranza nel futuro”. 

Imamoglu prosegue assicurando che non si farà piegare da “un ordine corrotto” e “niente è cambiato per me dopo una sentenza “nulla e priva di efficacia”. “La magistratura non è davvero indipendente. Ancora una volta è evidente che il suo funzionamento è dominato dalla politica, non dai principi di giustizia. I nostri rivali politici […] devono aver capito - ha concluso il sindaco - che non possono contrastarci alle urne, quindi hanno fatto ricorso a una strada del genere”. 

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