Chiude l’industria ‘zero-Covid’: le proteste dei licenziati a Chongqing

In centinaia manifestano davanti lo stabilimento della compagnia Zybio. Scontri con la polizia antisommossa. Il governo spera in un recupero economico grazie alle riaperture. Grandi gruppi bloccano però la produzione e licenziano migliaia di persone. China Labour Bulletin: fine lockdown non risolverà problemi dei lavoratori.


Pechino (AsiaNews) – Centinaia di lavoratori di uno stabilimento di kit antigenici per il Covid-19 a Chongqing hanno protestato dopo aver perso il lavoro e ottenuto un salario inferiore a quello concordato. Le dimostrazioni sono avvenute il 7 gennaio: sui social network circolano immagini di scontri tra i manifestanti e la polizia in tenuta antisommossa.

Dopo il repentino allentamento delle restrizioni anti-Covid un mese fa, accelerato dalle proteste popolari di fine novembre, le richieste per la produzione di tamponi e altro materiale per il tracciamento del virus sono crollate: un intero settore industriale è in via di chiusura.

Nei filmati sul web si vedono persone che si riuniscono davanti il centro di produzione della compagnia Zybio. Alcuni di loro gridano “restituiteci i nostri soldi”. Altri lanciano coni stradali, sedie e casse contro le Forze dell’ordine, obbligandole a indietreggiare.

Le proteste per rivendicazioni politiche sono rare in Cina, ma non quelle in tema di lavoro. Il quadro economico al momento rimane difficile, in attesa di un possibile rimbalzo nella seconda metà del 2023 per le riaperture nel Paese e verso l’estero – anche se il governo cinese continua a non fornire dati sul numero di infetti e morti per il Covid.

A fine dicembre lo stabilimento Tesla di Shanghai ha sospeso la produzione; il gigante della telefonia Xiaomi ha avviato il licenziamento di migliaia di lavoratori e l’industria tessile ha ridotto l’attività per limitare le perdite a causa degli ordini in calo.

Per il settore manifatturiero cinese la crisi è data da una combinazione di fattori: gli effetti della guerra commerciale con gli Usa, quelli della pandemia e la crescente indisponibilità dei giovani a lavorare nell’industria, mentre preferiscono impieghi più flessibili o meno pesanti.

Secondo Han Dongfang, direttore del China Labour Bulletin di Hong Kong, la cancellazione delle draconiane misure di contenimento del coronavirus non ripareranno i danni provocati ai lavoratori da tre anni di confinamenti e quarantene. Non risolveranno nemmeno problemi strutturali esistenti già prima dello scoppio della pandemia.

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