Riyadh condanna a morte leader riformista per ‘critiche’ sui social

Awad al-Qarni, esperto di islam e professore di legge, è stato arrestato nel 2017 nei primi tempi della repressione seguita all’ascesa di bin Salman al potere. Dall’esilio in Gran Bretagna il figlio racconta le circostanze dell’arresto e i timori per la possibile applicazione della sentenza. Esauriti “tutti i mezzi possibili” per ottenere la liberazione. 


Riyadh (AsiaNews) - Un esperto di islam e professore di legge saudita è stato condannato a morte (anche) per aver “manifestato opinioni critiche” nei confronti della leadership di Riyadh su internet e i social network. Il chierico riformista Awad al-Qarni è accusato di aver usato le varie piattaforme - da Twitter a Facebook, da Whatsapp a Telegram - per diffondere il dissenso, creando soprattutto un account attraverso il quale veicolare notizie ritenute “ostili” al regno wahhabita. 

Il 65enne professore, riferisce il Guardian che ha intervistato il figlio fuggito nel Regno Unito, è stato arrestato nel 2017, in concomitanza con l’inizio delle repressioni del dissenso interno imposto dal nuovo principe ereditario (oggi anche primo ministro) Mohammed bin Salman. Una stretta che ha riguardato intellettuali, giornalisti, rivali all’interno delle famiglie reali, uomini di affari e semplici attivisti. Prima del fermo, Qarni aveva circa due milioni di followers su Twitter ed era apprezzato per i suoi interventi critici, ma al tempo stesso dettagliati ed equilibrati.

Il figlio di Qarni, Nasser, che ha fatto richiesta di asilo in Gran Bretagna e teme vendette di Riyadh, ha riferito le circostanze che hanno portato all’arresto del genitore. “Oltre un centinaio di uomini armati di mitragliatrici e pistole - racconta - hanno circondato la casa. Ci hanno impedito con la forza di entrare” e l’area “assomigliava a un campo di battaglia”. Fra gli altri capi di imputazione ascritti al professore, quello di aver elogiato in un video i Fratelli musulmani e per tutti i capi di accusa gli è stata comminata la pena di morte.

Nei documenti del tribunale condivisi dal figlio emerge la crescente “criminalizzazione” dei social media dall’ascesa al potere di bin Salman. Vi è poi da ricordare l’uso sistematico delle torture psico-fisiche e dei maltrattamenti sui detenuti per estorcere confessioni o ammissioni di reati mai commessi. “Noi, in Arabia Saudita, abbiamo esaurito - afferma Nasser - tutti i mezzi possibili per ottenere la liberazione di mio padre e fermare l’oppressione di cui è vittima. Purtroppo il Paese sta fallendo non solo in termini di diritti umani, ma in tutti i settori sociale, economico e politico” a dispetto dei proclami della leadership. 

Lo scorso anno le autorità saudite hanno condannato una giovane a 34 anni di galera, per aver rilanciato sul proprio account Twitter messaggi di attivisti che invocavano maggiori libertà e aver condiviso post a favore del diritto delle donne a guidare. Dottoranda all’università di Leeds Salma al-Shehab è stata arrestata nel gennaio 2021 di rientro in Arabia Saudita per una breve vacanza; la sua sentenza, e relativa condanna, ha confermato la stretta in tema di libertà e diritti, a dispetto dei proclami “riformisti” di Mohammad bin Salman che toccano perlopiù l’ambito economico e l’industria dell’intrattenimento.

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